Procreazione medicalmente assistita all’estero: non è ammissibile l’indicazione di due madri nell’atto di nascita da formare in Italia

IL CASO. Una coppia di donne, cittadine italiane, conviventi, l’una delle quali madre biologica della figlia, nata in Italia, a seguito del ricorso a tecnica di procreazione medicalmente assistita cui si era sottoposta all’estero con il consenso dell’altra, che si dichiarava per tale motivo genitrice intenzionale, ricorrevano al Tribunale contro il rifiuto opposto dall’ufficiale di stato civile di ricevere la dichiarazione congiunta di riconoscimento della bambina.

Le due donne proponevano domanda di rettificazione dell’atto di nascita, allegando la sua mancata corrispondenza con la realtà generativa – stante il vizio relativo all’esatta indicazione dei genitori, consistente nella difformità dell’atto di nascita rispetto alla prospettata realtà fattuale derivante dal consenso prestato dalla convivente (non madre biologica) come madre intenzionale – e chiedendone il ripristino.

Il rigetto del Tribunale veniva confermato dalla Corte d’appello.

Ricorrevano le due donne per la cassazione del decreto, lamentando, oltre al resto, la violazione degli artt. 11, comma 3, e 13, comma 1, d.p.r. n. 396/2000, in quanto la Corte territoriale avrebbe, da un lato, negato il potere-dovere dell’ufficiale di stato civile di adeguare le formule ministeriali previste per l’atto di nascita inserendovi quanto necessario in relazione alla fattispecie concreta, e, dall’altro, ignorato il principio per il quale agli atti di stato civile devono rispecchiare la disciplina sostanziale degli status posta a base degli effetti giuridici da certificare, disconoscendo la liceità del percorso riproduttivo seguito dalle ricorrenti,  così dimidiando la tutela del nato e violando il principio di bigenitorialità, per il solo fatto dell’identità di sesso femminile delle due conviventi. 

LA DECISIONE. La Suprema Corte, con la sentenza 3.4.2020, n. 7668, ha rigettato il ricorso.

Il percorso argomentativo della decisione di legittimità: a) muove dal divieto del ricorso alla procreazione medicalmente assistita per le coppie omosessuali, b) esamina le implicazioni che esso comporta in tema di stato civile, con specifico riguardo agli atti formati o da formare in Italia, c) si conclude evidenziando la diversità della fattispecie decisa rispetto a quelle dell’adozione di minori da parte di coppie omossessuali e del riconoscimento nell’ordinamento italiano di atti di stato civile formati all’estero dichiarativi del rapporto di filiazione rispetto a genitori dello stesso sesso.

a) Il divieto di accesso alla PMA per le coppie omosessuali 

Alla procreazione medicalmente assistita possono accedere solo le «coppie di maggiorenni di sesso diverso coniugate o conviventi», secondo quanto prevede l’art. 5 della l. 19.2.2004, n. 40.

La stessa legge n. 40/2004 esclude pertanto la PMA per le coppie omosessuali, nei termini del divieto desumibile dall’art. 12, comma 2, che commina una sanzione amministrativa pecuniaria a chi applica le tecniche di PMA a «coppie composte da soggetti dello stesso sesso».

b) Le ricadute del divieto in materia di stato civile

Peraltro, precise disposizioni in tema di ordinamento di stato civile e di anagrafe della popolazione residente postulano che «una sola persona abbia diritto di essere menzionata come madre nell’atto di nascita, in virtù di un rapporto di filiazione che presuppone il legame biologico e/o genetico con il nato», confermando il divieto stabilito dalla l. n. 40/2004.

Il divieto è dunque applicabile «agli atti di nascita formati o da formare in Italia», restando irrilevante dove sia avvenuta la pratica fecondativa.

Questo il serrato nucleo argomentativo posto dalla Cassazione a base della conferma della decisione della Corte d’appello, che pure aveva escluso il potere dell’ufficiale di stato civile di modificare l’atto di nascita della bambina (inserendovi l’indicazione della doppia maternità), col rilievo che si tratta di atti redatti secondo formule e modalità tipiche e predeterminate dal Ministero dell’Interno.

La Cassazione, peraltro, richiama ampiamente la recente pronuncia di Corte cost. n. 221/2019, che ha escluso la contrarietà a Costituzione del divieto dell’accesso alla PMA per le coppie dello stesso sesso. 

La Consulta ha escluso la configurabilità di un «diritto a procreare», o «alla genitorialità», ove esso sia necessariamente inteso come «declinabile anche come diritto a procreare con metodi diversi da quello naturale», e cioè attraverso le tecniche di PMA. 

Vi ostano, infatti, una prima ragione che «attiene alla funzione delle tecniche considerate», posto che il ricorso ad esse è consentito dalla legge «come rimedio alla sterilità o infertilità umana» patologiche e non altrimenti rimovibili, con la conseguenza che non rappresentano una modalità di realizzazione del desiderio di genitorialità rimessa alla libera autodeterminazione degli interessati; vi è, poi, la ragione che attiene alla «struttura del nucleo familiare». 

I limiti di ordine soggettivo che la legge n. 40/2004 fissa per l’accesso alla PMA rivelano l’intento legislativo di assicurare che il nucleo familiare riproduca «il modello di famiglia caratterizzata dalla presenza di un padre e di una madre».

c) La diversità del caso deciso rispetto all’adozione di minori da parte di coppie omosessuali e al riconoscimento in Italia di atti stranieri di nascita attestanti l’omogenitorialità

Precisa la Cassazione che i recenti orientamenti giurisprudenziali invocati dalle ricorrenti, che consentono, da un lato, l’adozione di minori da parte di coppie omosessuali (Cass. n. 12962/2016) e dall’altro il riconoscimento nell’ordinamento italiano di atti di stato civile, validamente formati all’estero, dichiarativi del rapporto di filiazione in confronto a genitori dello stesso sesso (Cass. n. 19599/2016 e 14878/2017), non contrastano con le conclusioni raggiunte per il caso deciso.

Con riguardo all’ipotesi dell’adozione, la decisione in esame riprende testualmente quanto affermato da Corte cost. n. 221/2019 circa la distinzione tra adozione e PMA. 

Se, infatti, l’adozione presuppone l’esistenza in vita dell’adottando e l’interesse meritevole di tutela – peraltro da verificare in concreto – è quello al mantenimento per il minore delle relazioni affettive già di fatto instaurate e consolidate, nella PMA, trattandosi di dare ad una coppia un figlio e non essendo costui ancora nato, non è irragionevole che il legislatore «si preoccupi di garantirgli quelle che, secondo la sua valutazione e alla luce degli apprezzamenti correnti nella comunità sociale, appaiono, in astratto, come le migliori condizioni “di partenza”».

Il caso all’esame della Cassazione – richiesta di rettificazione, con indicazione della doppia genitorialità femminile, dell’atto di nascita formato in Italia, dove la bambina è nata – è ben diverso da quello del riconoscimento dell’atto di nascita straniero dichiarativo del rapporto di filiazione da due donne e pertanto diverso è «il parametro normativo applicabile», costituito dagli artt. 16 e 64, comma 1, lett. g) della l. n. 218 del 1995. 

Il divieto imposto in Italia alle coppie dello stesso sesso di accedere alla PMA non contrasta con il principio di ordine pubblico sotteso a tali disposizioni, in relazione ad atti validamente formati all’estero in quanto rispetto a questi ultimi «è impellente la tutela del diritto alla continuità (e conservazione) dello “status filiationis” acquisto all’estero».

Non è pertinente, pertanto, conclude la Suprema Corte, richiamare ai fini della rettificazione dell’atto di nascita formato in Italia, la nozione ristretta di ordine pubblico – legittimante il riconoscimento dell’atto di nascita straniero – proprio in quanto si tratta nel caso in esame di atto formato in Italia e, sotto altro profilo, essendo irrilevante che la PMA sia avvenuta all’estero.

Il solo fatto che un divieto possa essere eluso recandosi all’estero, aggiunge la Cassazione, richiamando ancora una volta Corte cost. n. 221/2019, non può costituire una valida ragione per dubitare della sua conformità a Costituzione. 

I PRECEDENTI RILEVANTI. Sulla diversa questione della trascrizione dell’atto di nascita, formato all’estero con indicazione della doppia maternità, v. Cass. 30.9.2016, n. 19599, richiamata dalla decisione in esame; sul consimile profilo della rettificazione di atto di nascita, redatto all’estero con indicazione della doppia maternità, ma trascritto in Italia con indicazione di una sola madre, v. Cass. 15.6.2017, n. 14878, pur essa richiamata. Entrambe le decisioni si segnalano per l’impiego della nozione di ordine pubblico internazionale (in luogo dell’ordine pubblico interno) e per il principio secondo cui l'esigenza della sua tutela non può utilizzarsi in modo automatico senza considerare l'interesse del minore e la relazione genitoriale, tanto più alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte EDU, che insiste sulla preminenza dell’interesse del minore da valutarsi in concreto e sul suo diritto al riconoscimento ed alla continuità delle relazioni affettive, anche in assenza di vincoli biologici ed adottivi con gli adulti di riferimento. 

Sull’esigenza di tutela dell’interesse del minore, declinato nei termini della rilevanza della continuità affettiva e, dunque, dando riconoscimento giuridico a relazioni affettive continuative e di natura stabile instaurate con il partner del genitore, si fonda la richiamata decisione di Cass. 22.6.2016, n. 12962, che ha consentito, nell’ambito di un rapporto di convivenza omosessuale, al genitore “sociale”, convivente con il genitore biologico dell’adottando, l’adozione ai sensi dell’art. 44, comma 1°, lett. d) della l. 4.5.1983, n. 184. 

Sulla non contrarietà a Costituzione del divieto stabilito dalla l. n. 40/2004 dell’accesso alle tecniche di PMA alle coppie dello stesso sesso Corte cost. 23.10.2019, n. 221, ampiamente ripresa dalla decisione in rassegna. Ad essa deve aggiungersi la recente Corte cost. 15.11.2019, n. 237, che – decidendo sulla censura di illegittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Pisa 15.3.2018 in una vicenda con tratti di somiglianza con quella esaminata – ha dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità relativa alle disposizioni in tema di stato civile che impediscono la formazione di atto di nascita di minore, cittadino straniero nato in Italia, con l’indicazione di due madri.

 

Umberto Roma - Associato di diritto privato nell’Università di Padova, Avvocato del Foro di Treviso

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