Quale sorte per le somme corrisposte da un convivente all’altro per la costruzione della casa familiare?

IL CASO. Caia aveva adito il Tribunale di Sassari, esponendo che, durante il periodo di convivenza con Tizio, quest’ultimo aveva edificato su un proprio fondo un immobile ad uso abitativo, impiegando anche somme dell’attrice, per un importo pari alla metà dei costi di edificazione, e che con scrittura privata del 15.12.1999 l’ex compagno le aveva espressamente riconosciuto la comproprietà della costruzione per la quota del 50%.
Essa aveva, quindi, chiesto di disporre la divisione del bene o, in via subordinata, di condannare Tizio al versamento di un importo pari alla metà degli esborsi sostenuti per la realizzazione dell’edificio.
L’ex compagno aveva impugnato la scrittura per violenza, assumendo che il consenso gli era stato estorto dietro la minaccia di Caia di abbandonare la casa familiare, portando con sé i figli.
Aveva, quindi, chiesto di respingere la domanda di restituzione delle somme impiegate per la realizzazione del manufatto.
Il Tribunale aveva rigettato la domanda di accertamento della comproprietà dell’immobile, riconoscendo però all’attrice un credito di Euro 80.233,49 a titolo di indennità da ingiustificato arricchimento.
La Corte d’appello di Sassari, riqualificata la domanda come azione personale di restituzione, aveva confermato la decisione di primo grado, ritenendo provata la circostanza che Caia avesse concorso nei costi di costruzione e che, pertanto, le spettasse il rimborso delle 50% delle somme corrisposte a Tizio.
Avverso la sentenza Tizio aveva proposto ricorso per cassazione, in base a tre motivi.
Col primo aveva censurato la “violazione dell’art. 134 c.p.c. e art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per difetto assoluto o contraddittorietà di motivazione, per aver la sentenza ritenuto che la richiesta di rimborso del 50% dei costi di costruzione costituisse un’azione personale di restituzione, non considerando che la domanda, essendo introdotta sul presupposto della contitolarità dell’immobile ed essendo associata alla domanda di divisione, era volta ad ottenere eventuali conguagli che scaturissero dall’esito delle operazioni divisionali”, aggiungendo che “nessuna restituzione poteva essere ordinata senza previamente accertare se il titolo giustificativo degli esborsi desse luogo ad obblighi restitutori o a mere pretese di carattere indennitario”.
Col secondo motivo Tizio aveva denunciato la “violazione dell’art. 112 e 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, sostenendo che “la domanda di restituzione era fondata sulla situazione di comproprietà dell’immobile e non poteva avere altro oggetto che il pagamento di eventuali conguagli tra i condividenti, non essendo qualificabile come azione personale di restituzione”.
Col terzo motivo il ricorrente aveva, infine, censurato la “violazione degli artt. 1362, 1363 e 1324 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza, in violazione dei canoni di interpretazione testuale e sistematica, valorizzato unicamente un inciso contenuto nella scrittura del 15.12.1999 ("avendo contribuito alla metà delle spese"), per accordare alla resistente la restituzione di un importo pari alla metà dei costi di costruzione dell’immobile, mentre il documento non provava affatto che le somme fossero state date in prestito ed anzi poteva giustificare solo l’attribuzione di un’indennità, come dimostrava il fatto che [Caia] aveva richiesto il pagamento dell’indennizzo ex art. 2041 c.c.”.

LA DECISIONE. La Cassazione, con l’ordinanza n. 24721/2019 ha anzitutto esaminato “congiuntamente” i primi due motivi, che vertevano su “questioni strettamente connesse”, ritenendoli “infondati”.
Ha, infatti, ritenuto che non sussistesse “alcuna carenza assoluta di motivazione, poiché l’esame della pronuncia consent[iva] di comprendere agevolmente le ragioni della condanna, avendo il giudice di merito evidenziato che le dichiarazioni [di Tizio] contenute nella scrittura del 15.12.1999 comprovavano che questi aveva ricevuto in importo pari al 50% dei costi della costruzione in vista della realizzazione della casa familiare e che, non essendosi concretizzato l’acquisto della comproprietà del bene da parte della resistente, le somme andavano restituite”, perché “la contribuzione oggetto di lite, documentata dalla scrittura del 15.12.1999, era, invero, indebita”.
La Cassazione ha, pertanto, affermato che

"l’accertamento in fatto … che la dazione di denaro era rivolta al solo scopo di realizzare la casa familiare, destinata, nelle previsioni della ricorrente, a divenire comune …, giustificava, ai sensi dell’art. 2033 c.c., il rimborso delle somme versate a titolo di concorso nelle spese di costruzione del manufatto rimasto in proprietà esclusiva

[di Tizio] (conformemente a quanto già statuito da questa Corte con riferimento alla disciplina della comunione legale dei coniugi per l’ipotesi di realizzazione di una costruzione su un fondo in titolarità esclusiva di uno di essi, ma con l’impiego di denaro di entrambi: Cass. 27412/2018; Cass. 20508/2010; Cass. 7060/2004; Cass. 8585/1999; Cass. 407671998),

spettando semmai al ricorrente l’onere di provare che il pagamento fosse avvenuto per una causale (ad es. a titolo di liberalità o in virtù dei legami affettivi o di solidarietà tra i conviventi), tale da non legittimare alcuna pretesa restitutoria”.

Il Giudice di legittimità ha, poi, ritenuto “inammissibile” il terzo motivo, perché la Corte d’appello “non [aveva] affatto asserito che la scrittura del 15.12.1999 comprovasse l’effettuazione di un prestito in favore [di Tizio], ma [aveva] utilizzato il documento in funzione probatoria, per l’accertamento del concorso nelle spese di costruzione da parte della resistente (e dell’entità delle somme corrisposte), quale fatto oggettivo correttamente ritenuto idoneo a giustificarne la restituzione”.
Per tali motivi, la Cassazione ha, pertanto, respinto il ricorso.

 

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