Al massimo a 34 anni cessa Il diritto dei figli al mantenimento e alla convivenza

Con sentenza del 1° febbraio 2018 il Tribunale di Modena, pronunciando su una vicenda molto singolare, ha affrontato due problemi piuttosto ricorrenti: 

  • se ci sia un limite di età oltre il quale il figlio maggiorenne non può pretendere il mantenimento  dai genitori;
  •  se possa sopravvivere al diritto al mantenimento il “diritto alimentare” del figlio non economicamente a coabitare con i genitori.

IL CASO
Nell’aprile 2017 l’amministratore di sostegno di un’anziana signora ha convenuto in giudizio il figlio di questa per ottenere il rilascio di un immobile di proprietà attorea, occupato dal convenuto.
Così l’iniziativa della signora è descritta nella sentenza:
 “a fondamento della domanda deduceva di aver convissuto con il figlio fino al ricovero in un centro per anziani, resosi necessario in considerazione della condizione di non autosufficienza, della necessità di seguire una terapia specialistica nonché per la totale indifferenza e ostilità manifestata dal figlio X; il convenuto avrebbe infatti  tenuto dei comportamenti violenti nei confronti dei genitori, oggetto di querela in sede penale”.
Più precisamente l’attrice riteneva di poter pretendere l’immediato rilascio del bene, perché il rapporto intercorso tra le parti sarebbe stato un comodato precario,  e  comunque perché era sopraggiunta per la signora la  necessità di rientrare nella esclusiva disponibilità del bene.
Si costituì il figlio, sessantenne,  eccependo l’improcedibilità della domanda proposta dalla madre con rito del lavoro, ex art 447 bis cc, nell’erroneo presupposto dell’esistenza di un contratto di comodato.
Sostenne infatti di occupare l’immobile  in forza di un diritto di mantenimento o comunque alimentare   vantato nei confronti della madre , visto che  era privo di redditi e di mezzi di sostentamento. 

LA DECISIONE
Il Tribunale di Modena esclude l’esistenza di un contratto di comodato precario (non era mai stato pattuito che il figlio potesse godere in via esclusiva dell’immobile, ma solo che potesse convivere).
Ma esclude anche una coabitazione riconducibile a un presunto diritto al mantenimento o a un diritto alimentare del figlio maggiorenne. 
Fa proprio, infatti,  l’orientamento della giurisprudenza che secondo cui “con il superamento di una certa età, il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma che lo rende, se del caso, meritevole dei diritti ex art. 433 c.c. ma non più del mantenimento ex artt. 337-ter, 337- octies c.c.”, perché “l’obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione” (Cass. civ. 20 agosto 2014 n. 18076).
Ne consegue che la valutazione delle circostanze che giustificano la ricorrenza o il permanere dell’obbligo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni, conviventi o meno ch’essi siano con i genitori o con uno di essi, va effettuata «in guisa da escludere che la tutela della prole, sul piano giuridico, possa essere protratta oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, al di là dei quali si risolverebbe, com’è stato evidenziato in dottrina, in “forme di vero e proprio parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani”» (vedasi :  Cass. n. 12477/2004, n. 4108/1993)”. 

Infine, il Tribunale di Modena richiama l’ordinanza 29 marzo 2016 del Tribunale di Milano, sezione nona, secondo la quale “… va rilevato, in linea con le statistiche ufficiali, nazionali ed europee che oltre la soglia dei 34 anni, lo stato di non occupazione del figlio maggiorenne non può più essere considerato quale elemento ai fini del mantenimento, dovendosi ritenere che, da quel momento in poi, il figlio stesso potrà , semmai, avanzare le pretese riconosciute all’adulto (v. regime degli alimenti)“.

Il Tribunale esclude  poi che nella fattispecie esaminata il figlio possa accampare un diritto agli alimenti.
Ma soprattutto e in termini più generali 

  • esclude che il diritto agli alimenti possa tradursi in un diritto alla coabitazione e ricorda che l’art. 443 cc dà facoltà al debitore degli alimenti di adempiere, a sua scelta, accogliendo l’alimentando presso la propria casa o versandogli un assegno;
  • considera che il rapporto dei figli maggiorenni-non titolari di un diritto al mantenimento  con la casa di proprietà dei genitori coi quali continuano a convivere sia un  rapporto di “detenzione precaria” riconducibile al legame affettivo e alla solidarietà familiare tutelati dagli artt. 2 e 29 Cost.” 
  • ne deduce il vincolo familiare non attribuisce al figlio il diritto a permanere nella casa contro la volontà dei genitori e che questi ultimi ben possono agire per il rilascio “ con il solo limite -imposto dal principio di buona fede- di concedere al detentore un termine ragionevole.

Il Tribunale accoglie pertanto la domanda di rilascio e concede al figlio un termine di quattro mesi, termine ritenuto congruo in relazione al tempo di permanenza ed all’affidamento maturato per consentire il reperimenti di una nuova sistemazione abitativa .

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