L'assegno di divorzio non ha finalità distributive e non può eccedere quello della separazione

IL CASO. A conclusione di un complesso procedimento di divorzio il Tribunale di Treviso dispose con sentenza n. 842/2015 che il ricorrente versasse all’ex coniuge euro 4.000 mensili, 3.000 quale assegno divorzile e 1.000 quale concorso al mantenimento della figlia.

La sentenza venne impugnata avanti la Corte d’Appello di Venezia da entrambe le parti e la Corte, con sentenza n. 57/2016, aumentò a 1.300 l’assegno per la figlia, confermando per il resto la decisione di primo grado.

L’ex marito propose ricorso per Cassazione per due motivi, entrambi riguardanti la determinazione del quantum dell’assegno a favore della signora, incontestato nell’an:

1)    Sostenne che era stato violato l’art. 1322 c.c. per aver i giudici del merito determinato l’assegno in un importo nettamente più elevato rispetto a quello concordato dalle parti in sede di separazione.

2)    Lamentò inoltre che erroneamente le sue condizioni economiche fossero state desunte dall’entità del patrimonio, ritenuto dai Giudici di merito così importante da rendere superflua ogni altra considerazione sui suoi redditi e sul rilievo del patrimonio rispetto al tenore di vita, parametro fondamentale secondo la giurisprudenza dell’epoca per la quantificazione dell’assegno di divorzio.

LA DECISIONE. La Suprema Corte, con ordinanza 7 ottobre 2019 n. 24935, ha accolto entrambi i motivi di impugnazione.

Per quanto concerne il secondo, in realtà, non ha chiarito quanto l’entità del patrimonio debba pesare nella valutazione del tenore di vita, ritenendo questa valutazione del tutto superflua alla luce dell’orientamento interpretativo espresso da Cass. n. 11504/2017, “non sovvertito” dalla sentenza n. 18287 del 2018 delle Sezioni Unite.

L’ordinanza ha ritenuto infatti che

il parametro (della conservazione) del tenore di vita non ha più cittadinanza nel nostro sistema” e che la quantificazione e anche l’attribuzione dell’assegno “non possono dipendere soltanto dall’alto (o dal più alto) livello reddituale di uno degli ex coniugi, non trovando alcuna giustificazione l’idea che quest’ultimo sia comunque tenuto a corrispondere all’altro tutto quanto sia per lui sostenibile o sopportabile, quasi ad evocare un prelievo forzoso in misura proporzionale ai suoi redditi. Un esito interpretativo di questo genere si risolverebbe in una imposizione patrimoniale priva di causa che sarebbe arduo giustificare in nome della solidarietà post coniugale".

Ed ha precisato che la sperequazione reddituale, se non sussistono situazioni di non autosufficienza economica dell’ex coniuge debole, rileva solo se sia “direttamente causata dalle scelte concordate di vita delle gli ex coniugi, per effetto delle quali un coniuge abbia sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi interamente alla famiglia, in tal modo contribuendo decisivamente alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune”.

Quanto al primo motivo, l’ordinanza non spende una parola per motivare l’accoglimento del ricorso.

Ma una decisione analoga era stata assunta e succintamente motivata dalla Suprema Corte con l’ordinanza 26 giugno 2019 n. 17098.

Cassando un’altra sentenza della Corte lagunare, la Suprema Corte aveva statuito che, essendo mutate le condizioni delle parti dall’epoca della separazione, l’assegno di divorzio non avrebbe dovuto essere fissato in misura addirittura maggiore di quello previsto, in questo caso, giudizialmente nella separazione.

La separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, per cui i "redditi adeguati" cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio (Cass. n. 12196/2017) -

va rilevato che la determinazione dell'assegno divorzile in misura superiore (Euro 800,00) a quello di separazione non è conforme alla natura dell'assegno divorzile”.

 

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