Il giudizio per la ripartizione della reversibilità tra il coniuge divorziato e il coniuge superstite: l'INPS è litisconsorte necessario?

La Corte di cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 9493 depositata il 22 maggio 2020, ritorna sulla questione della partecipazione dell’ente previdenziale al procedimento riguardante la ripartizione dell’assegno di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite.
Secondo la Suprema Corte, l’INPS è litisconsorte necessario, in quanto il coniuge divorziato è titolare, come il coniuge superstite, di un autonomo diritto previdenziale, e quindi l’ente deve partecipare alla controversia per la ripartizione del trattamento di reversibilità al fine di accertare i presupposti per la sua erogazione.

IL CASO – La Corte d’appello di Catanzaro, confermando la sentenza del Tribunale di Paola, aveva determinato a favore dell’ex moglie la quota del 50% della pensione di reversibilità.
La Corte aveva infatti rilevato che la ripartizione della pensione di reversibilità tra il coniuge divorziato titolare di assegno divorzile ed il coniuge superstite doveva essere regolata dal criterio della durata del matrimonio, contemperato da altri elementi ispirati ad equità.
Nel caso di specie aveva infatti individuato una notevole sproporzione economica tra la prima moglie, con minori risorse economiche, e la seconda, ed aveva quindi ritenuto equa la ripartizione al 50%, nonostante la maggior durata del secondo vincolo matrimoniale.
Avverso tale sentenza la seconda moglie aveva proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi.

LA DECISIONE – La Suprema Corte, in primo luogo, ha rilevato d’ufficio il difetto di contraddittorio per la mancata partecipazione al giudizio dell’INPS.
La Corte ha riproposto il principio per cui

la controversia tra l’ex coniuge ed il coniuge superstite per l’accertamento della ripartizione del trattamento di reversibilità - ai sensi dell’art.9, comma terzo, legge n.898 del 1970, come sostituito dall’art.13 della legge n.74 del 1987 - deve necessariamente svolgersi in contraddittorio con l’ente erogatore atteso che, essendo il coniuge divorziato, al pari di quello superstite, titolare di autonomo diritto di natura previdenziale, l’accertamento concerne i presupposti affinchè l’ente assuma un’obbligazione autonoma, anche se nell’ambito di una erogazione già dovuta, nei confronti di un ulteriore soggetto”.

Infatti, il diritto del coniuge divorziato ad una quota del trattamento di reversibilità del coniuge deceduto costituisce non solo un diritto nei confronti del coniuge superstite, ma anche un autonomo diritto di natura previdenziale, limitato quantitativamente dalla prestazione erogata al secondo.
Per la Corte, quindi “la lite non può mai configurarsi solo come una questione tra l’ex coniuge e coniuge superstite, non essendo indifferente per l’ente erogatore che si accerti la sussistenza dei presupposti di un diritto previdenziale azionato nei suoi confronti e quindi la sussistenza dei presupposti perché esso ente assuma, nei confronti di un ulteriore soggetto, un’obbligazione previdenziale autonoma”.
Per questa ragione, la Suprema Corte, rilevato il difetto di contraddittorio e la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario nei precedenti gradi di giudizio, ha disposto l’annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al giudice di primo grado.

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