Prima di recidere ogni legame tra genitore e figlio occorre prendere in considerazione tutti i modelli adottivi, anche quelli che garantiscono la continuità relazionale

IL CASO. La madre di due minori, migrante e vittima di tratta, con infezione da HIV e con disturbo da stress postraumatico, impugnava avanti la Corte d’appello di Roma la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato lo stato di adottabilità delle figlie contestando la sussistenza dello stato di abbandono e di un pregiudizio per le stesse.

Alla luce della nuova consulenza tecnica d’ufficio e delle risultanze istruttorie emerse nel corso del giudizio d’appello, tuttavia, veniva evidenziato “il permanere di un grave disagio esistenziale, di una mancanza di consapevolezza delle effettive condizioni di salute; dell’oggettiva impossibilità di recuperare una buona condizione psico fisica; delle conseguenze di tale inconsapevolezza in relazione alle minori la cui salute è stata messa a repentaglio”. La Corte territoriale riteneva pertanto provato lo stato di abbandono in cui versavano le minori e impossibile il recupero della figura genitoriale, tanto da escludere anche la c.d. adozione mite richiesta dalla madre.

Avverso la pronuncia della Corte d’appello di Roma la madre proponeva ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, con il quale veniva censurata sia l’illegittimità dell’affermazione “secondo la quale non esiste e non può essere desunta dall’ordinamento l’adozione mite, essendo tassativo l’elenco della adozioni in casi particolari previste nella L. n. 184 del 1983, art.44, lett. d)”, sia l’omesso esame di un fatto decisivo rappresentato dal profondo legame esistente tra madre e figlie evidenziata dalla stessa CTU disposta in appello.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3643 del 13.2.2020, ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando quindi alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Nell’esaminare i diversi profili censurati con l’unico motivo di ricorso, la Suprema Corte ha anzitutto rilevato che con la dichiarazione di adottabilità, “in quanto finalizzata all’adozione legittimante (ancorché possa verificarsi in alcune ipotese l’assenza di tale esito finale) si determina la cessazione dei rapporti con i genitori biologici, non essendo compatibile con la finalità ultima dell’istituto, la perpetuazione di una relazione che è destinata a recidersi definitivamente con l’assunzione di un diverso status finale mediante l’adozione”. In adesione a tale principio, la Corte d’appello di Roma aveva correttamente escluso la possibilità della madre biologica di mantenere un rapporto con le figlie minori. Eppure, sottolinea la Suprema Corte, detto principio deve essere letto in uno con i principi affermati dalla giurisprudenza della CEDU, ed in particolare con la possibilità di sperimentare modelli di adozione diversi da quella legittimante.

La Corte EDU (caso Zhou c. Italia) ha infatti affermato che

è necessario preservare il legame tra i genitori biologici ed il minore anche quando siano accertate condizioni di parziale compromissione della idoneità genitoriale ma non sia emersa una situazione di abbandono morale e materiale e risulti corrispondente all’interesse preminente del minore la conservazione di tale legame”. Prima di addivenire alla totale recisione del legame genitore – figlio, allora, devono essere esplorate “tutte le alternative compatibili con il sistema legislativo interno in tema di modelli adottivi”.

La Corte territoriale aveva allora errato nel non prendere in esame le indicazioni derivanti dalla CTU e riguardanti proprio l’esigenza di conservare/ripristinare il profondo legame madre-figlie e, conseguentemente, nell’affermare di non poter verificare se fosse possibile, nel caso concreto, applicare un modello di adozione compatibile con il permanere di tale rapporto.

I modelli adottivi previsti dall’art. 44 L. 184/1983, dunque, possono riguardare “minori che conservano non solo lo status filiale rispetto ad uno dei genitori biologici ma anche la continuità relazionale con tale genitore”: infatti “nel nostro ordinamento convivono modelli di adozione fondati sula radicale recisione del rapporto con i genitori biologici con altri che escludono la ricorrenza di tale requisito” e proprio la natura residuale e aperta dell’art. 44 consente di adeguare il nostro sistema legislazione a quello dell’Europa.

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