La divisione ereditaria estingue il diritto di prelazione di cui all’art. 732 c.c.

20 LUGLIO 2018 | Successioni e donazioni

Con l’ordinanza n. 12504/18, depositata il 21 maggio 2018, la Corte di Cassazione ha espresso il principio secondo cui il diritto di prelazione, e il correlato diritto di retratto successorio, sussistono solamente fintanto che la comunione ereditaria perdura tra i coeredi ed, in ogni caso, solamente in virtù di un’unica successione.

IL CASO. Tizia citava in giudizio, dinanzi al Tribunale di Rovereto, la sorella Caia, nonché Sempronia e l’Agenzia Immobiliare Alfa chiedendo che le venisse riconosciuto il proprio diritto di prelazione ed il connesso diritto di retratto successorio in relazione alla quota indivisa di beni immobili ricevuti in eredità dalla madre e venduti, senza alcuna denuntiatio, dapprima da Caia a Sempronia e, successivamente, da Sempronia all’Agenzia Immobiliare Alfa.
Sia il Tribunale di Rovereto, sia la Corte d’Appello di Trento rigettavano la domanda.
In particolare, il Tribunale rilevava che l’eredità della madre era stata oggetto di altro giudizio dinanzi al Tribunale di Milano, che si era concluso sciogliendo definitivamente la comunione ereditaria.
Proponendo appello, Tizia chiedeva che il riscatto sussistesse, invece, in relazione all’eredità paterna: il padre Caio, pure erede della madre di Tizia, era invero deceduto nelle more del giudizio innanzi al Tribunale di Milano.
La Corte d’Appello rigettava la domanda promossa da Tizia poiché, in relazione all’eredità materna, la comunione era già stata sciolta, mentre, in relazione all’eredità paterna, sussisteva un’inammissibile mutatio libelli.
Tizia proponeva ricorso per Cassazione.

LA SENTENZA. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12504/18, ha confermato la decisione della Corte territoriale, rigettando l’unico motivo proposto dalla ricorrente, ossia la violazione dell’art. 732 c.c. e dell’art. 345 c.p.c.
Anzitutto, la Suprema Corte chiarisce che

il diritto di prelazione e di riscatto, disciplinato dall’art. 732 c.c., ha come finalità quella di impedire l’ingresso dell’estraneo alla comunione ereditaria

e, a tal fine, prevede che il coerede, che vuole alienare ad un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, per l’eventuale esercizio del diritto di prelazione”.
L’applicabilità dell’art. 732 c.c. si arresta allorquando interviene la divisione che trasforma i diritti dei singoli partecipanti alla comunione ereditaria su quote ideali dell’eredità in diritti di proprietà individuali su singoli beni.
Nulla vieta, inoltre, che la divisione crei un mutamento della comunione da ereditaria ad ordinaria: si pensi al caso in cui vi sia una congiunta attribuzione agli eredi di un bene. In tal caso,

in materia di comunione ordinaria, vige il principio secondo cui, ai sensi dell’art. 1103 c.c., ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota”. 

Ricorda la Corte che nemmeno in virtù del rinvio disposto all’art. 1116 c.c. si può ritenere applicabile l’art. 732 c.c., essendo escluse dall’estensione le norme incompatibili con quelle tipiche della comunione ordinaria (Cass. Civ. 4224/2007 e conf. Cass. Civ. 8599/2004).
La Corte prosegue avallando quanto rilevato dal Giudice di secondo grado. Osserva, infatti, che il Tribunale di Milano aveva posto fine alla comunione ereditaria sui beni relitti della madre determinando con ciò il venir meno del presupposto previsto dall’art. 732 c.c..
Il fatto che il padre avesse acquisito una quota dell’eredità della moglie e che fosse deceduto poi nel corso del giudizio di primo grado era del tutto irrilevante “poiché, una volta definito il giudizio di divisione dell’asse ereditario materno, l’azione di riscatto non poteva più essere esercitata”.  
Infine, con riferimento alla domanda di riscatto proposta in appello, la Corte ne ha rilevato la tardività, essendo questa fondata sul presupposto che i beni venduti dalla sorella Caia fossero parte dell’eredità paterna (e non più di quella materna, come precisato in primo grado). Secondo la Corte, pur trattandosi di domanda connessa a quella originaria per essere la quota di eredità materna confluita nell’asse ereditario paterno, a’sensi dell’art. 345 c.p.c., si trattava “di domanda nuova” che introduceva un “nuovo tema d’indagine” e che implicava “un diverso accertamento del fatto”.
Pertanto, in conclusione, il principio espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza in commento può essere così riassunto:

i diritti di prelazione e di riscatto previsti all’art. 732 c.c. possono essere esercitati solo finchè dura lo stato di comunione ereditaria e cessano con la divisione. Inoltre, detti diritti, possono essere esercitati ed accertati solamente in relazione ad un’unica successione.  

 

 

 

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