Tante masse ereditarie, tante divisioni (salvo diverso accordo tra le parti)

Con ordinanza n. 25756/18 depositata il 15.10.2018, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui, nell’ipotesi di divisione di beni provenienti da titoli diversi, e perciò appartenenti a distinte comunioni, è necessario procedere a tante divisioni per quante sono le masse, potendo invece procedersi ad una sola divisione solo se tutte le parti manifestano il consenso mediante uno specifico negozio.

IL CASO. Due fratelli avevano agito assieme alla madre nei confronti delle altre due sorelle al fine di ottenere l’annullamento del testamento del padre, la riduzione delle disposizioni lesive e lo scioglimento della comunione ereditaria. Gli attori lamentavano, in particolare, che il de cuius aveva del tutto pretermesso il coniuge, loro madre, ed aveva disposto anche di beni di proprietà esclusiva della stessa.
Le due sorelle si costituivano assumendo posizioni diverse: una chiedeva la declaratoria di nullità parziale del testamento, aderendo alla domanda di riduzione promossa dai fratelli; l’altra insisteva per la declaratoria di validità del testamento con richiesta di procedere alla divisione.
Nelle more del giudizio decedeva la madre.
Il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda di nullità del testamento, ritenendo che fosse nulla soltanto la divisione disposta dal testatore e dichiarando però improcedibili le domande di riduzione e di divisione per mancanza di esauriente prova della consistenza dell’asse ereditario. La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado sul punto relativo al testamento, mentre ha ritenuto possibile procedere allo scioglimento della comunione ereditaria in quanto gli eredi avevano dato indicazioni circa la consistenza dell’asse, integrate dagli accertamenti effettuati dal CTU.
I Giudici di secondo grado, pur preso atto della diversità dei lasciti ereditari e delle masse di beni conseguenti al decesso di entrambi i genitori, hanno ritenuto ammissibile procedere ad un’unica divisione, posto che le due masse ereditarie erano devolute allo stesso modo tra identiche parti.
Le parti hanno proposto ricorso per Cassazione.

LA SENTENZA. Con il primo motivo veniva denunciata violazione dell’art. 735 cod. civ. per la mancata declaratoria della nullità del testamento in ragione della pretermissione del coniuge e delle disposizioni di beni altrui. Con altro motivo veniva denunciata la violazione degli artt. 566 e 537 cod. civ., nonché vizio di motivazione in quanto la Corte d’Appello, pur avendo riconosciuto la nullità delle disposizioni relative a beni non del testatore, le aveva comunque ritenute valide nell’accogliere della domanda di divisione.
La Corte di Cassazione ha respinto il primo motivo, precisando che né la pretermissione del legittimario, né la disposizione di beni altrui determinano la nullità del testamento, in quanto non è dal legislatore espressamente prevista, né può neppure essere ricavata dal sistema, basato sul principio generale di conservazione del testamento, in quanto atto non ripetibile.
Pertanto, il testamento con cui il testatore abbia pretermesso un legittimario è valido ed efficace, avendo il legittimario pretermesso il rimedio dell’azione di riduzione.
La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, aveva fatto quindi corretta applicazione di tale principio, applicando l’art. 735, co. 1, cod. civ., che sanziona con la nullità la divisione fatta dal testatore, il quale abbia pretermesso un legittimario (o uno degli eredi istituiti) ovvero abbia attribuito beni altrui. Alla declaratoria di nullità della divisione fatta dal testatore consegue il ripristino della comunione ereditaria, che deve essere sciolta tenendo conto - ove possibile - delle quote stabilite dal de cuius.
La Corte di Cassazione ha invece ritenuto fondato l’altro motivo di ricorso, che lamentava l’attribuzione dei beni della madre in assenza di domanda sul punto, avendo la Corte territoriale proceduto allo scioglimento della comunione ereditaria dei beni relitti dal defunto unitamente a quelli lasciati dalla madre.
I Giudici hanno osservato che non supera la questione il richiamo fatto dalla Corte territoriale alla sentenza n. 314/2009, che ha affermato il principio generale secondo cui “nel caso di divisioni di beni provenienti da titoli diversi, e perciò appartenenti a distinte comunioni, deve procedersi a tante divisioni per quante sono le masse, potendo invece procedersi ad una sola divisione solo se tutte le parti vi consentano, mediante uno specifico negozio (Cass. 15.5.1992, n. 5798), cosicché il litisconsorzio necessario tra i condividenti sussiste soltanto all’interno del giudizio di divisione relativo a ciascuna massa”.
Ciò in quanto il caso oggetto della lite era diverso, essendo il progetto divisionale cumulativo opera della Corte d’Appello e perché non risultava precisato se, dove e quando sarebbe stato acquisito il consenso dei condividenti.
La Suprema Corte cassava pertanto in parte qua la sentenza, demandando al giudice del rinvio il riesame della domanda di divisione della comunione ereditaria del de cuius.

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