Al figlio superstite, se maggiorenne, compete la pensione di reversibilità solo se inabile al lavoro e a carico del genitore

IL CASO. La Corte d’appello di Catanzaro confermava la sentenza di primo grado che aveva rigettato la richiesta della figlia di un pensionato deceduto di vedersi corrispondere la pensione di reversibilità.

Per la cassazione di tale decisione proponeva ricorso la figlia sulla base di due motivi con i quali censurava la sentenza che aveva escluso il requisito della vivenza a carico, sul rilievo che la Corte non aveva ben valutato la situazione di non autosufficienza economica e la convivenza con il de cuius.

LA DECISIONE. La Cassazione con l'ordinanza n. 1861/2019 ha dichiarato inammissibili i motivi della superstite ricorrente, in quanto volti a sollecitare una rivisitazione nel merito non consentita.

Per gli Ermellini la sentenza impugnata ha correttamente applicato il condiviso orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale

in caso di morte del pensionato, il figlio superstite ha diritto alla pensione di reversibilità, ove maggiorenne, se riconosciuto inabile al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi.

In particolare, il requisito della vivenza a carico non si identifica indissolubilmente con lo stato di convivenza e neanche con una situazione di totale soggezione finanziaria del soggetto inabile, ma va considerato con particolare rigore, essendo necessario dimostrare che il genitore provvedeva, in via continuativa e in misura quanto meno prevalente, al mantenimento del figlio inabile (cfr., ex plurimis, Cass., 14 febbraio 2013, n. 3678, Cass. 13 aprile 2018 n. 9237).

Tale accertameno di fatto è rimesso al giudice di merito e, pertanto, risulta incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.

 

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