La sola volontà della madre di prendersi cura dei figli, in mancanza di riscontri, non impedisce la dichiarazione dello stato di adottabilità

IL CASO. Con sentenza depositata in data 13.9.2018, la Corte d’appello di Torino riformava la decisione con la quale il giudice di primo grado aveva dichiarato il non luogo a provvedere sulla dichiarazione di adottabilità di un minore e la decadenza dalla responsabilità genitoriale di entrambi i genitori con conseguente nomina del tutore. Secondo la Corte d’appello, che aveva quindi dichiarato lo stato di adottabilità del bambino, la decisione del Tribunale presentava evidenti profili di contraddittorietà ed ometteva di considerare le risultanze delle consulenze tecniche d’ufficio espletate, alla luce delle quali l’adozione costituiva l’unico strumento utile ad evitare un più grave pregiudizio al minore.
Avverso la pronuncia della Corte territoriale la madre del minore proponeva ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, denunciando: la violazione o falsa applicazione degli artt. 1, 8 e 15 della l. 184/1983; la violazione dell’art. 18 della Convenzione di New York del 1989 e dell’art. 30 Cost., stante l’assenza dei presupposti per la dichiarazione di adottabilità; l’omessa, insufficiente o contradditoria motivazione circa un fatto decisivo costituito dalla intervenuta liberalizzazione degli incontri tra madre e figlio. 
LA DECISIONE. La Suprema Corte, con sentenza n. 16737 del 6.8.2020, ha respinto il ricorso, ritenendo inammissibili i motivi proposti e ha compensato integralmente le spese per le peculiarità della vicenda processuale.
Quanto ai primi due motivi, ritenuto che la Corte d’appello di Torino avesse correttamente valutato l’incapacità genitoriale della madre alla luce della complessa istruttoria svolta, la Suprema Corte ha ribadito alcuni principi già affermati in precedenza:

    • “il giudice di merito, nell'accertare lo stato di adottabilità di un minore, deve in primo luogo esprimere una prognosi sull'effettiva ed attuale possibilità di recupero, attraverso un percorso di crescita e sviluppo, delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento, in primo luogo, alla elaborazione, da parte dei genitori, di un progetto, anche futuro, di assunzione diretta della responsabilità genitoriale”;
    • la dichiarazione di adottabilità è legittima solo a seguito del fallimento del tentativo del giudice di merito di intervenire con un sostegno diretto a rimuovere le situazioni di difficoltà familiare;
    • il giudizio sulla situazione di abbandono deve essere basato su un riscontro attuale e concreto;
    • l’indagine deve riguardare non solo la preesistenza, ma anche la persistenza della situazione di abbandono;
    • l’impossibilità materiale e morale dei genitori di prendersi cura del minore deve essere caratterizzata da “stabilità ed immodificabilità, quanto meno in un tempo compatibile con le esigenze di sviluppo psicofisico armonico ed adeguato del minore” ;
    • non è necessario che il rifiuto dei genitori di adempiere ai propri doveri sia intenzionale ed è irrilevante la “mera espressione di volontà dei genitori di accudire il minore in assenza di concreti riscontri”.

Anche il terzo motivo è stato ritenuto inammissibile dalla Suprema Corte, non essendo più censurabile il mero profilo motivazionale, se non nei ristretti limiti consentiti dall’attuale formulazione dell’art. 360 comma primo, n.5 c.p.c., ed avendo la Corte d’appello compiuto un approfondito vaglio della complessiva relazione madre -figlio.

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