la domanda di addebito della separazione non può essere coltivata dagli eredi

06 FEBBRAIO 2018 | Successioni e donazioni | Addebito

Con ordinanza n. 11492/2016, la Cassazione civile ha confermato l’orientamento secondo cui la morte di uno dei coniugi nella pendenza del giudizio di separazione o di divorzio comporta la cessazione della materia del contendere, così negando la legittimazione attiva in capo agli eredi del coniuge per la prosecuzione del giudizio di addebito.

IL CASO. In seguito al decesso del proprio padre, nel corso della pendenza del giudizio di primo grado, nel quale questi aveva domandato l’addebito della separazione alla moglie (sposata in seconde nozze), due dei quattro figli di primo letto, in qualità di eredi testamentari, avevano riassunto la causa, riproponendo la domanda di addebito. A tal fine essi avevano allegato la propria legittimazione attiva, in quanto portatori di un interesse patrimoniale degno di tutela.
In particolare, trattandosi di una eredità di notevolissima rilevanza economica, gli eredi avevano argomentato che, in caso di addebito della separazione alla seconda moglie del padre, quest’ultima avrebbe avuto diritto solo ad un assegno a carico dell’eredità, secondo il disposto dell’art. 548, II° comma, c.c., e non già alla quota di 1/4 dell’intero compendio ereditario. 
A sostegno della propria tesi gli eredi adducevano l’espressa previsione del testatore che, nella scheda testamentaria, aveva espressamente regolato il caso, disponendo che, in caso di esito vittorioso della domanda di addebito, la legittima spettante alla moglie fosse divisa in parti uguali tra i quattro figli. Di qui il loro interesse ad agire e la conseguente legittimazione attiva.
Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello in secondo grado avevano negato la proseguibilità del giudizio di addebito da parte degli eredi, ritenendo che fosse cessata la materia del contendere, a causa della morte del coniuge.

LA SENTENZA. Con la citata ordinanza, la Suprema Corte ha confermato l’orientamento secondo cui i procedimenti di separazione e di divorzio, anche per i correlati aspetti patrimoniali, possono essere proposti e continuati solo dai coniugi, rientrando nel novero dei c.d. rapporti personali. 
A questo principio fanno eccezione esclusivamente i rapporti patrimoniali che sono solo occasionalmente collegati allo stato matrimoniale (ad esempio: la divisione di un immobile in comunione tra gli ex coniugi o la richiesta di restituzione di un prestito intervenuto tra di essi). 
La Corte ha altresì ribadito il principio secondo cui gli artt. 548, II° comma, e 585 c.c. richiedono che la sentenza di separazione con addebito sia passata in giudicato al tempo dell’apertura della successione (cfr. Cass. 6383/1982). 
Detta previsione normativa non è stata ritenuta superata, contrariamente dalla tesi dei ricorrenti, dagli intervenuti sviluppi della giurisprudenza di legittimità che hanno riconosciuto l’autonomia della domanda di addebito rispetto a quella di separazione. 
La Corte ha infatti sancito che, in mancanza di un giudicato sulla sentenza di addebito della separazione alla data della morte di uno dei coniugi, l’altro non può perdere i diritti successori che gli competono.
La domanda di addebito della separazione non può essere coltivata dagli eredi del coniuge che l'aveva proposta.

Allegati

Ok
Questo website usa solamente cookies tecnici per il suo funzionamento. Maggiori dettagli