Fallimento e omessa trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa famigliare al genitore convivente col figlio minorenne

La dichiarazione di inefficacia, ex art. 44 L.F., dell’atto di vendita di un immobile già assegnato alla moglie in quanto casa familiare, non travolge il diritto personale di godimento dell’assegnatario, diritto che, anche se contenuto in provvedimento non trascritto, può essere opposto al fallimento nel limite dei nove anni.

Questa la decisione della Suprema Corte con l’ordinanza n. 377 del 13 gennaio 2021.

IL CASO

Nell’ambito di un procedimento di separazione, i coniugi avevano convenuto che la casa familiare, già assegnata alla madre convivente con un figlio minorenne, venisse, entro due anni, trasferita a quest’ultima. L’accordo separativo, contenente l’obbligo di trasferimento dell’immobile, non era stato trascritto, mentre il rogito notarile che dava esecuzione a tale impegno, veniva trascritto successivamente alla annotazione della sentenza che dichiarava il fallimento della società del marito e di quest’ultimo in proprio.

In tale situazione, il Tribunale di Tivoli, accogliendo la domanda del fallimento, aveva dichiarato l’inefficacia, ex art. 44 l.f., dell’atto con il quale il marito aveva ceduto alla moglie la proprietà dell’immobile, condannando quest’ultima a restituire il bene al fallimento.

La Corte d’Apello di Roma confermava la sentenza di primo grado ritenendo che non potesse essere invocata “…la revivescenza del provvedimento interinale di assegnazione per tentare di paralizzare, almeno per un novennio, il rilascio dell’immobile diventato di proprietà (del fallimento n.d.r.)…”.

Avverso tale pronuncia la moglie proponeva ricorso per cassazione, il marito, a sua volta, depositava un controricorso, sostanzialmente adesivo a quello della consorte.

LA DECISIONE

La Corte di Cassazione ha preso atto della natura meramente obbligatoria dell’accordo separativo, pacificamente non trascritto, con il quale il marito si era impegnato a trasferire alla moglie “…entro due anni dall’omologa della separazione, la proprietà del medesimo immobile, già costituente casa coniugale, contestualmente assegnata alla ricorrente sul presupposto … dell’essere la dimora del loro figlio minorenne che, nonostante l’affidamento congiunto, viveva principalmente con la madre…”.

Ma, contrariamente alla Corte territoriale, la corte di Cassazione ha ritenuto che, a fronte della dichiarazione di inefficacia ex art. 44 l.f. del successivo trasferimento immobiliare “…nei confronti del fallimento non poteva che continuare a valere, in relazione al medesimo cespite, la concreta situazione giuridica ad esso preesistente: vale a dire la (certa, oltre che rimasta incontroversa in questa sede) esistenza, sullo stesso, del diritto al suo godimento, da parte della – moglie -, quale sua assegnataria in sede di separazione…”.

La norma temporalmente applicabile allorquando era intervenuta la separazione coniugale oggetto del giudizio di cui si discute era l’art. 155 quater c.c. (il cui contenuto è stato trasfuso nell’art. 337 sexies c.c.). secondo cui “Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’art. 2643 c.c.”.

Tale norma costituiva recepimento della disciplina del precedente art. 155 c.c. “…come integrata (proprio con riferimento all’esigenza di trascrizione del relativo provvedimento per la sua opponibilità ai terz) dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 454 del 1989…”.

Può considerarsi “…dunque ius receptum nella giurisprudenza di legittimità … che l’opponibilità del previo provvedimento di assegnazione della casa familiare al coniuge o al convivente affidatario di figli minori … nei limiti del novennio, ove non trascritto, e anche oltre il novennio, ove trascritto, … opera finché perduri l’efficacia della pronuncia giudiziale; l’insussistenza del diritto – da qualificarsi personale di godimento – sul bene (di regola perché la prole sia stata ab origine, o sia successivamente divenuta, maggiorenne ed economicamente autosufficiente …), legittima il terzo acquirente a proporre un’ordinaria azione di accertamento al fine di conseguire la dichiarazione di inefficacia del titolo…”.

La Suprema Corte, in base a questo principio generale, ha accolto il terzo motivo di gravame formulato dalla ricorrente principale, affermando che “…una volta ritenuto improduttivo di effetti, nei confronti del fallimento, l’atto traslativo del 30 giugno 2011, la già avvenuta assegnazione (rimasta incontroversa) in favore della -madre- della casa familiare … aveva comunque determinato il sorgere, in capo alla stessa, di un diritto personale di godimento sui generis; diritto che, benché non trascritto … sarebbe stato comunque opponibile ai terzi (nella specie il sopravvenuto fallimento del -marito-)…”.

È stata conseguentemente cassata l’impugnata sentenza della Corte d’Appello di Roma. Inoltre, non ritenendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte di Cassazione ha deciso il ricorso nel merito, accogliendo “…il corrispondente motivo dell’appello proposto dall’odierna ricorrente principale e rigettando, in parziale riforma della sentenza di primo grado, la domanda di restituzione dell’immobile avanzata dal fallimento…”.

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