La possibile grave compromissione dell’equilibrio psico-fisico dei figli minori impedisce il rimpatrio forzato nel Paese di origine

IL CASO. Il Tribunale dei Minorenni di Trieste rigetta l’istanza di una coppia di cittadini serbi volta ad ottenere, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 286 del 1998, nell’interesse delle tre figlie minori, l’autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia.

La Corte d’appello di Trieste conferma la decisione di primo grado ritenendo non utilizzabile l’istituto invocato, essendo uno strumento temporaneo a tutela dei minori non utilizzabile dai genitori per sanare situazioni pregresse di irregolarità sul territorio italiano.

I genitori ricorrono per cassazione con un unico motivo, denunciando la violazione del comma 3 dell’art. 31 del d.lgs. n.286 del 1998 per il grave e concreto pregiudizio che le bambine subirebbero a seguito del forzato rientro in Serbia.

LA DECISIONE La Suprema Corte, con ordinanza depositata il 4 giugno, ha ritenuto fondato il ricorso.

La Corte ha infatti rilevato che la Corte territoriale non avesse tenuto in debita considerazione il danno potenziale che le bambine, in Italia da parecchi anni e radicate sul territorio nel quale frequentano la scuola, avrebbero potuto subire a seguito di un rientro forzato in Serbia, paese di cui non parlano nemmeno la lingua. E ancora, che non fosse stato esaminato il profilo della perdita del lavoro in Italia da parte della madre, lavoratrice con contratto a tempo indeterminato, e il conseguente rischio di non poter garantire alle figlie un sostentamento adeguato.

Il Supremo collegio quindi dopo:
a. aver richiamato propri precedenti in tema di autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia, secondo i quali “essa non richiede necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, ma può comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto ed obiettivamente grave che, in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, deriva o deriverà al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è vissuto”, 

b. e aver affermato che si tratta di “una misura a tutela del diritto fondamentale dei minori a vivere con i genitori che, sebbene non assoluto, è considerato dal legislatore “anche in deroga alle altre disposizioni del testo unico” quindi come prevalente sugli altri valori che vengono in rilievo in tema di ingresso e soggiorno degli stranieri, tenuto conto della loro età, delle loro condizioni di salute e del loro sviluppo psico-fisico”,

in accoglimento del ricorso, ha cassato la sentenza e rinviato alla Corte d’appello di Trieste perché in diversa composizione valuti se ricorra una situazione oggettivamente grave in grado di compromettere l’equilibrio psico-fisico delle figli minori dei ricorrenti, non evitabile, se non attraverso il rilascio della misura autorizzativa.
 

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