Violazione degli obblighi di assistenza familiare: non c’è reato in caso di concreta impossibilità ad adempiere

E’ quanto stabilito in una recentissima sentenza depositata in data 15 dicembre 2017 dal Tribunale di Treviso che, attenendosi agli insegnamenti espressi dalla più attenta giurisprudenza di legittimità, ha assolto un padre, imputato del delitto di cui all’art. 570 co. 2 c.p., per assenza dell’elemento psicologico del reato.
Nella fattispecie in esame, il genitore, a seguito di un significativo ridimensionamento delle proprie disponibilità economiche, ometteva di corrispondere ovvero autoriduceva l’assegno stabilito dal Giudice civile per il mantenimento dei tre figli minori.


Il Tribunale, dopo aver ritenuto pienamente integrato l’elemento oggettivo del reato “avendo la condotta omissiva contestata causato il venir meno dei mezzi di sussistenza alla prole”, ha poi rigorosamente indagato la complessiva situazione reddituale e patrimoniale dell’imputato così come emersa nel corso dell’istruttoria esperita.


Secondo l’orientamento prevalente nella giurisprudenza di legittimità, infatti, il semplice inadempimento alle statuizioni civilistiche non è di per sé sufficiente ad integrare il delitto de quo, richiedendo la norma una condotta di volontaria inottemperanza attraverso la quale il soggetto agente intende specificamente sottrarsi all'assolvimento degli obblighi imposti con la separazione (cfr. Cass. Pen., Sez. II, 15.05.2017 n. 24050 – Cass. Pen. Sez. VI 9.11.2012 n. 43527). Il Giudice di merito è, quindi, chiamato ad un serio accertamento delle concrete possibilità economiche del genitore obbligato, il quale è, invece, gravato dell’onere di allegare la sussistenza di uno stato d’indigenza economica, nonché il carattere involontario ed incolpevole della medesima (cfr. sull’onere della prova: Cass. Sez. V 25.01.2017 n. 3831).


All’esito dell’indicata verifica, il Giudice di merito ha ritenuto che la condotta dell’imputato, ed in particolare i parziali versamenti dal medesimo effettuati non appena in possesso di una minima liquidità, costituissero espressione della volontà di adempiere ai propri doveri genitoriali e che le relative omissioni fossero giustificate, quindi, dall’insufficienza dei suoi redditi e delle sue risorse finanziare. Facendo, pertanto, ricorso al principio generale “ad impossibilia nemo tenetur”, il Tribunale ha mandato assolto l’imputato perché il fatto non costituisce reato.


La pronuncia in esame desta interesse in quanto costituisce applicazione della recente tendenza giurisprudenziale a richiedere al Giudice di merito una sempre più rigorosa indagine sulle reali condizioni del genitore inadempiente e ciò al fine di distinguere i casi in cui l’incapacità economica sia strumentalmente invocata per sottrarsi ai propri obblighi da quelli (sempre più frequenti)  in cui il genitore obbligato si trovi realmente nelle condizioni di non poter adempiere ai propri obblighi di sostentamento e non sia in grado di  garantire ai figli adeguate risorse economiche.

 

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