Per conservare il cognome del genitore il figlio disconosciuto deve agire con un’autonoma domanda, facendo valere il proprio “diritto al nome”

IL CASO. La Corte d’appello di Roma, in sede di rinvio, in accoglimento di un’azione di disconoscimento dichiarava che I.M. non era il padre di I.S e conseguentemente ordinava al competente ufficiale dello Stato civile di procedere alle relative annotazioni sulla perdita del cognome paterno da parte del figlio che, rimasto contumace, non aveva formulato domanda di mantenimento del cognome paterno.

Ricorreva per Cassazione con un unico motivo il figlio, denunciando la violazione dell’art. 95 comma 3 del D.P.R. 3.11.2000 n.396 e degli artt. 2 e 3 Cost. e precisando che in primo grado, quando era ancora minorenne, a mezzo del procuratore speciale, si era opposto alla domanda di disconoscimento e quindi, implicitamente, alla perdita del cognome del padre, tratto distintivo della propria identità personale.

Lamentava il ricorrente la mancata applicazione nel caso concreto del portato della sentenza della Corte Costituzionale n.13 del 1994 che, in caso di disconoscimento della paternità, aveva riconosciuto il diritto del disconosciuto al mantenimento del cognome sul quale l’interessato aveva costruito la propria identità personale.

LA DECISIONE. La Corte, richiamata la pronuncia del Giudice delle leggi n.13 del 1994, in forza della quale in materia di cognome

si impone una fondamentale distinzione tra quella che è la disciplina civilistica e delle leggi speciali sul riconoscimento di uno status, o i rapporti di filiazione in genere, per la quale, ai sensi dell’art. 6 c.c., vi è corrispondenza tra status ed attribuzione del cognome, ed i casi in cui non si ha, o non si ha più, siffatta corrispondenza ed in cui a tutela e protezione della persona può esserle riconosciuto il diritto alla conservazione di un nome, rispetto al quale  non ha o non avrebbe più titolo, quale elemento di identificazione in quanto parte essenziale della personalità”,

applicando il principio al caso concreto ha rigettato il ricorso in difetto di domanda dell’avente diritto.

Il ricorrente, laddove avesse voluto mantenere il cognome paterno non più corrispondente al suo status, avrebbe dovuto agire, con distinta domanda, per il riconoscimento dell’autonomo diritto al nome quale strumento di identificazione nella sua vita di relazione.

 

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