I criteri di ripartizione della pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 5268 del 22.01.2020, ritorna sulla questione dei criteri di ripartizione della pensione di reversibilità tra ex coniuge e coniuge superstite, precisando che nella ripartizione, oltre al criterio della durata dei matrimoni, si deve tener conto di vari elementi, tra cui la durata delle convivenze prematrimoniali. 

IL CASO – La Corte d’appello di Lecce aveva rideterminato la quota della pensione di reversibilità spettante all’ex moglie divorziata, nella minor misura del 35%, attribuendo il restante 65% al coniuge superstite.

La prima moglie riteneva che la decisione della Corte di merito avesse violato il suo diritto alla quota della pensione di reversibilità per aver valorizzato e dato autonomo rilievo alla convivenza prematrimoniale della seconda moglie nella determinazione delle quote di rispettiva pertinenza.

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, richiama il suo precedente orientamento, secondo il quale

la ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell’istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali, dovendosi riconoscere alla convivenza “more uxorio” non una semplice valenza correttiva dei risultati derivanti dall’applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì un distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale” (Cass. n.26358/2011).

La Suprema Corte ha poi precisato che, ai fini della ripartizione, devono essere ponderati altri elementi, tra cui l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto al coniuge, le condizioni economiche dei due ex coniugi e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali "senza però confondere la durata della convivenza con quella del matrimonio e senza individuare nell’entità dell’assegno divorzile un limite legale alla quota di pensione di reversibilità da attribuire all’ex coniuge, data la mancanza di qualsiasi indicazione normativa in tal senso”.

Quanto al raffronto tra le posizione delle parti, la Corte di merito, sempre secondo gli Ermellini, aveva correttamente valutato gli altri elementi rilevanti, quali l’importo dell’assegno divorzile, l’inidoneità della ricorrente a svolgere attività lavorativa e l’entità del compendio ereditario lascito dall’ex coniuge deceduto.

La Suprema Corte, ritenendo il ricorso inammissibile, ha perciò stabilito che,

nella determinazione delle quote di spettanza della pensione di reversibilità tra l’ex coniuge divorziato ed il coniuge superstite, devono tenersi in considerazione molteplici criteri, tra i quali anche la durata della eventuale convivenza prematrimoniale, quale criterio distinto da quello legale rappresentato dalla durata del matrimonio.

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