La Cassazione conferma: niente assegno divorzile al coniuge economicamente autosufficiente

A pochi mesi dalla tanto commentata sentenza n. 11504/2017, la Corte di Cassazione tiene a ribadire i “presupposti per la attribuzione di un assegno divorzile”, negando che tra questi possa essere ricompreso il mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

IL CASO. Il Tribunale di Fermo aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da una coppia di coniugi, imponendo al marito la corresponsione di un assegno divorzile in favore della moglie.

L’aveva fatto in considerazione della “forte sproporzione delle situazioni reddituali e patrimoniali delle parti e al fine di una conservazione, almeno tendenziale, in favore del coniuge economicamente più debole del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio”.

Dopo aver visto il suo appello rigettato dalla Corte d’Appello di Ancona, il marito aveva proposto ricorso per cassazione, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell’art. 5, IV co. L. 8989/1970 e dei parametri ivi indicati, nonché la contraddittorietà della pronuncia.

Esponeva come la moglie fosse una “professoressa di matematica”, con “casa di abitazione di sua proprietà”, che aveva effettuato “recenti investimenti immobiliari” e che “prima della pronuncia relativa al divorzio” aveva acquisito nel proprio patrimonio la somma “di lire 157.000.000”.

Lamentava, dunque, come il Giudice di primo grado (e parimenti la Corte d’Appello) non avesse adeguatamente valutato tali condizioni economico-patrimoniali, che avrebbero dovuto condurlo a negare il riconoscimento di un assegno divorzile in favore della moglie.

LA DECISIONE. Con ordinanza n. 20525/2017, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del marito, “dando così continuità alla recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. Civ. sez. I n. 11504 del 10 maggio 2017) secondo cui il

diritto all’assegno di divorzio … è condizionato dal suo previo riconoscimento in base ad una verifica giudiziale che si articola necessariamente in due fasi, tra loro nettamente distinte e poste in ordine progressivo dalla norma (nel senso che alla seconda può accedersi solo all’esito della prima, ove conclusasi con il riconoscimento del diritto)

La Cassazione ha, quindi, rammentato che la prima fase concerne l’an debeatur, ossia l’“accertamento volto al riconoscimento, o meno, del diritto all’assegno divorzile fatto valere dall’ex coniuge richiedente”, ed è “informata al principio dell’autoresponsabilità economica di ciascuno dei coniugi quali persone singole”.

La seconda fase riguarda, invece, il quantum debeatur, ossia la “determinazione dell’importo dell’assegno stesso”, ed è “improntata al principio della solidarietà economica dell’ex coniuge obbligato alla prestazione dell’assegno nei confronti dell’altro quale persona economicamente più debole (artt. 2 e 23 Cost.)”.

In altri termini, la Cassazione ha ribadito come

la solidarietà tra ex coniugi, parametrata sul tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, sussista se e solo uno di essi non sia economicamente “autoresponsabile”, né sia oggettivamente in grado di esserlo.

Viceversa, laddove l’ex coniuge sia in grado di mantenersi da sé, a nulla rileva l’eventuale sua impossibilità di mantenere il tenore di vita matrimoniale, sicché nulla gli sarebbe comunque dovuto dall’altro.

Nel caso di specie, il marito aveva dimostrato come l’ex moglie godesse di condizioni economico-patrimoniali che ben le consentivano di mantenersi autonomamente.

La Corte di Cassazione ha, pertanto, accolto il ricorso del marito, ritenendo che quelle condizioni non giustificassero il riconoscimento di un assegno divorzile in favore della signora.

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