Assegno divorzile: la Corte di Cassazione torna al parametro dell’indipendenza economica

La Corte di Cassazione, Sezione I Civile, con l’ordinanza n. 22499 del 15.07.2021, è tornata sul concetto di indipendenza economica, indicandolo quale criterio principale ai fini dell’attribuzione e quantificazione dell’assegno divorzile.

Nel caso esaminato, la Corte di Appello di Genova confermava la sentenza di primo grado, che aveva riconosciuto alla ex moglie il diritto all’assegno divorzile a carico dell’ex marito, oltre al contributo al mantenimento della figlia minorenne e al rimborso di metà delle spese straordinarie per quest’ultima. In particolare, la Corte d’Appello aveva tratto elementi di valutazione dall’accertato divario delle condizioni economica degli ex coniugi.

L’ex marito ha proposto ricorso per Cassazione, denunciando, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, legge 898 del 1970, per avere riconosciuto l’assegno divorzile all’ex coniuge economicamente indipendente; con il secondo motivo, violazione dell’art. 115 c.p.c., per aver dato rilievo agli oneri di aggiornamento professionale della ex moglie, insegnate, in mancanza di prova di averli sostenuti, e posto a fondamento della decisione prove irrilevanti e tardive a proposito di spese di accompagnamento della figlia nei circoli sportivi; con il terzo motivo, denuncia e omesso esame di fatti decisivi, avendo la Corte d’Appello trascurato il miglioramento dello status lavorativo dell’ex moglie, la quale all’epoca della separazione era insegnante part-time e, successivamente, era diventata insegnante di ruolo a tempo pieno.

La Corte di Cassazione ha accolto i suddetti tre motivi di ricorso. In particolare, la Corte di Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello non avesse messo in dubbio l’indipendenza economica dell’ex moglie, riconoscendole però ugualmente l’assegno divorzile, in ragione degli “obblighi di aggiornamento e decoro che la sua professione di insegnante […] le impone”, degli “oneri economici” connessi all’accompagnamento della figlia nei circoli sportivi e dei maggiori redditi del marito.

La Corte di Cassazione ritiene eccentrico – rispetto ai criteri previsti dall’art. 5, comma 6, della L. 898/1970 per l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno divorzile - e astratto “il riferimento ai richiamati obblighi di decoro e di aggiornamento professionale”  e, per altro verso, ritiene poco comprensibile l’argomento utilizzato dalla Corte territoriale che fa leva sulle spese a carico della ex moglie per accompagnare la figlia nei circoli sportivi, atteso che l’ex marito versa anche il mantenimento per la figlia e concorre alle spese straordinarie. Da ciò consegue la censurabilità della motivazione della sentenza impugnata in quanto “apparente e, comunque, indice di falsa applicazione dei parametri normativi vigenti per l’attribuzione dell’assegno divorzile”.

La Suprema Corte ribadisce che  “non hanno rilievo, da soli, lo squilibrio economico tra le parti o l’alto livello reddituale dell’altro ex coniuge, atteso che il mero confronto tra le condizioni reddituali e patrimoniali tra le parti […] è coessenziale alla ricostruzione del tenore di vita matrimoniale, ma è ormai irrilevante ai fini della determinazione dell’assegno, e l’entità del reddito dell’altro coniuge non giustifica, di per sé, la corresponsione di un assegno in proporzione alle sue sostanze” e che

“nel valutare l’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge che faccia richiesta dell’assegno, o l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, si deve considerare, in via principale, se egli sia in condizione di vivere autonomamente e dignitosamente con le proprie risorse”.

Richiama, in proposito  la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale “a giustificare l’attribuzione dell’assegno non è, quindi, di per sé, lo squilibrio o il divario tra le condizioni reddituali delle parti, all’epoca del divorzio, né il peggioramento delle condizioni del coniuge richiedente l’assegno rispetto alla situazione (o al tenore) di vita matrimoniale, ma la mancanza della

“indipendenza o autosufficienza economica” di uno coniugi, intesa come impossibilità di condurre con i propri mezzi una vita dignitosa.

Aggiunge che

Quest’ultimo parametro va apprezzato con la necessaria elasticità e l’opportuna considerazione dei bisogni del richiedente l’assegno, considerato come persona singola e non come ex coniuge, ma pur sempre inserita nel contesto sociale. Per determinare la soglia dell’indipendenza economica occorrerà avere riguardo alle indicazioni provenienti, nel momento storico determinato, dalla coscienza collettiva e, dunque, né bloccata alla soglia della pura sopravvivenza né eccedente il livello della normalità, quale, nei casi singoli, da questa coscienza configurata e di cui il giudice deve farsi interprete (cfr. Cass. n. 3015 del 2017)”.

Ciononostante ritiene eccentrico  che la Corte territoriale abbia riconosciuto l’assegno alla signora  insegnante, anche valorizzando  i  “ richiamati obblighi di decoro e di aggiornamento professionale” .

E considerando oscuro anche il richiamo alle  spese necessarie ad accompagnare la figlia nei circoli sportivi, atteso che l’ex marito versa anche il mantenimento  ne deduce la censurabilità della sentenza  in quanto sorretta da una motivazione  “apparente e, comunque, indice di falsa applicazione dei parametri normativi vigenti per l’attribuzione dell’assegno divorzile”.

Quanto al richiama a Cass 3015/2017 la Suprema Corte afferma che i principi ivi enunciati  non sono stati superati dalle Sezioni Unite, che con la sentenza n. 18287 del 2018,  hanno attribuito una funzione dell’assegno divorzile non solo assistenziale, ma anche compensativa-perequativa.

La Corte di Cassazione ha, pertanto, cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Genova, ritenendo che “spetta al giudice del rinvio fare applicazione del criterio, principale, della indipendenza economica e, alle condizioni suindicate, di quello compensativo, ai fini della attribuzione e quantificazione dell’assegno divorzile”.

La decisione in esame conferma, ancora una volta, come il tema dell’assegno divorzile, nonostante la nota sentenza n. 182897 del 2018 resa dalla Suprema Corte a Sezioni Unite, continui a impegnare e a dividere la giurisprudenza che, infatti, non sempre attribuisce lo stesso rilievo ai criteri dettati per l’accertamento del diritto all’assegno divorzile e per la determinazione della sua entità.

Nella decisione in esame, infatti, la Suprema Corte attribuisce particolare rilievo a quel criterio dell’indipendenza economica (rispetto a quello della disparità economico reddituale tra i coniugi) che tanto scalpore suscitò all’epoca della famosissima sentenza Grilli e che, di lì a poco, comportò la rimessione della questione alle Sezioni Unite.

Tornerà la questione alla Sezioni Unite?

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