Gli accordi fra i coniugi in vista di una futura separazione acquistano efficacia solo se omologati dal Tribunale

IL CASO. Con scrittura privata 3 aprile 2014, i coniugi stipulavano un “accordo programmatico” in cui illustravano il punto cui erano giunte le loro “trattative volte a raggiungere un soddisfacente accordo per una possibile separazione consensuale”.
 Al punto 10 dell’accordo, i coniugi si impegnavano espressamente a rispettare quanto convenuto sino a quando non ne avessero concordato tra loro una modifica in forma scritta a pena di nullità o nel testo concordato ai fini di un ricorso per separazione consensuale. 
Non avendo successivamente trovato l’accordo per addivenire ad una separazione consensuale, si instaurava un procedimento di separazione personale giudiziale. 
Il Tribunale di Venezia pronunciava la separazione personale dei coniugi con addebito a carico del marito, gravandolo di un assegno di mantenimento in favore della moglie pari ad € 1.500,00 mensili, oltre rivalutazione ISTAT. 
La Corte d’appello di Venezia, investita da impugnazione proposta da entrambi i coniugi, riteneva che lanzidetta scrittura privata non potesse costituire “un accordo idoneo a regolamentare una separazione consensuale e tanto meno il corrispondente procedimento contenzioso, in quanto si trattava di una mera puntuazione in vista di un possibile accordo di separazione consensuale, mai perfezionato dalle parti che avevano poi intrapreso la separazione giudiziale”.
La Corte territoriale, poi, previo raffronto delle condizioni economiche delle parti, confermava la congruità dell'assegno di mantenimento disposto a favore della moglie. 
Avverso la sentenza della Corte d’appello, proponeva ricorso per cassazione la signora, sulla base di quattro motivi, tutti incentrati sulla statuizione concernente l'accordo tra le parti datato 3 aprile 2014. 
Secondo la ricorrente, detta scrittura privata doveva essere intesa come un accordo immediatamente vincolante volto a regolamentare i rapporti tra i coniugi, modificabile solo in forma scritta concordata, contenente un “contratto atipico di mantenimento", senza termine di durata e senza quantificazione monetaria dell'entità del mantenimento. 
La scrittura era, quindi, da ritenersi una vera e propria “transazione fra i coniugi”, valida perché avente ad oggetto diritti disponibili, rispetto alla quale la separazione si qualificava solo come "eventuale”, tanto è vero che l'accordo era stato subito adempiuto e l’adempimento era proseguito anche durante il giudizio di separazione fino alla sentenza di primo grado. 
Secondo la tesi della ricorrente, poi, l’accordo intervenuto non avrebbe vincolato i coniugi “alla forma della proposizione della domanda di separazione”, ma “al contenuto dei provvedimenti che avrebbe dovuto prendere il Giudice comunque investito”, trattandosi di transazione già intervenuta e già eseguita: il Giudice della separazione non avrebbe potuto statuire in modo difforme a quanto concordato dai coniugi.  
Al ricorso principale proposto dalla moglie, replicava il marito con controricorso e ricorso incidentale, lamentando, con il primo motivo, che la Corte d’appello si era limitata ad esaminare, rigettandola, le ragioni addotte dalla moglie per sostenere la domanda di aumento dell’assegno di mantenimento, senza esaminare le ragioni dallo stesso dedotte per fondare la richiesta di riduzione dell'assegno. 
Con il secondo motivo, l’uomo lamentava il mancato riconoscimento della natura confessoria delle dichiarazioni fatte dalla moglie nell’accordo precitato ai fini dell'esclusione dei presupposti per la pronuncia di addebito a suo carico.
DECISIONE. La Suprema Corte, con ordinanza n. 28694 del 11.11.2020, depositata in data 15.12.2020, ha, in primis, rigettato il ricorso principale poiché correttamente la Corte d’appello aveva accertato che la suddetta scrittura privata, definita dagli stessi coniugi sottoscrittori “accordo programmatico”, costituiva non un accordo idoneo a regolamentare una separazione consensuale o la separazione giudiziale in corso, ma “una mera puntuazione in vista di un futuro accordo mai perfezionato per una futura separazione consensuale mai perfezionata” e per tale motivo privo di efficacia giuridica nel giudizio di separazione giudiziale. 
In ragione di ciò, le dichiarazioni ivi contenute, comprese “le rinunce reciproche alla contestazione dell’addebito”, secondo la Suprema Corte, non potevano essere “decontestualizzate” ed utilizzate per un fine diverso, ossia nell’ambito del procedimento contenzioso in corso. 
Come osservato nell’ordinanza in esame, la Corte territoriale si è giustamente attenuta al consolidato orientamento giurisprudenziale (per tutte, Cass. civ. n. 9174/2008), secondo cui “in tema di separazione consensuale, il regolamento concordato fra i coniugi ed avente ad oggetto la definizione dei loro rapporti patrimoniali, pur trovando la sua fonte nell'accordo delle parti, acquista efficacia giuridica solo in seguito al provvedimento di omologazione, al quale compete l'essenziale funzione di controllare che i patti intervenuti siano conformi ai superiori interessi della famiglia”. 

Le pattuizioni con cui i coniugi compongono le questioni relative ai loro rapporti patrimoniali possono, quindi, diventare parte costitutiva della separazione solo se questa venga omologata: “in difetto di tale omologazione le pattuizioni convenute antecedentemente sono prive di efficacia giuridica”. 

In ragione di ciò, il primo motivo di ricorso principale è stato rigetto, assorbiti il secondo, terzo e quarto. La Corte di Cassazione ha, poi, rigettato anche il ricorso incidentale. 
Il primo motivo è stato ritenuto infondato in quanto la Corte d’appello, nell'esaminare le contrapposte domande concernenti la quantificazione dell'assegno di mantenimento, aveva considerato le condizioni economiche e patrimoniali di entrambi i coniugi ed aveva adeguatamente motivato sul punto. 
Il secondo motivo di ricorso incidentale è stato ritenuto inammissibile, con la precisazione che nell’accordo programmatico in discussione entrambi i coniugi avevano genericamente espresso delle valutazioni delle ragioni della crisi coniugale, senza indicazione di condotte o fatti specifici, con l’obiettivo di risolvere i contrasti in vista di una separazione consensuale poi non realizzata. Tali valutazioni espresse in modo così generico non avrebbero mai potuto avere valore confessorio, non avendo ad oggetto un preciso fatto storico (ciò che è indispensabile per aversi confessione, ai sensi dell’art. 2730 c.c.). 
Il ricorso principale ed il ricorso incidentale sono stati, quindi, rigettati, con compensazione delle spese del giudizio di legittimità fra le parti. 

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