I rimedi alle condotte lesive del principio di bigenitorialità previsti dall’art. 709 ter c.p.c.

19 LUGLIO 2021 | Numero speciale PAS

Massimo Osler, Avvocato del Foro di Padova

Le misure previste dall'art. 709 ter c.p.c., volte a sanzionare il genitore che abbia commesso “gravi inadempienze o atti che comunque arrechino pregiudizio al minore”, sono state introdotte dal legislatore a garanzia dell'interesse pubblicistico cui è finalizzata la tutela del superiore interesse del minore (cfr. da ultimo: Trib. Milano n. 40/2020).

Deve trattarsi di condotte poste in essere da un genitore lesive delle regole concordate dalle parti o disposte dal giudice sulle modalità di esercizio della genitorialità, che si traducono in una lesione del diritto del minore a mantenere un equilibrato e continuativo rapporto con entrambi i genitori, indispensabile per il suo sano percorso di crescita (cfr. Trib. Milano n. 40/2020).

Nella prassi, esse sono state quindi utilizzate dai Tribunali per censurare varie condotte, dal ritardo o inadempimento degli obblighi di mantenimento della prole, agli ostacoli posti in essere dal genitore convivente alla frequentazione del minore da parte dell’altro, fino alla pubblicazione di immagini del figlio nei social senza il consenso di entrambi i genitori.

Di fronte a tali situazioni, il giudice di merito, per porre rimedio ai casi più gravi, è giunto finanche a modificare le modalità di affidamento e/o collocamento della prole, con o senza la contestuale applicazione delle sanzioni dell’ammonimento e/o del pagamento di una sanzione amministrativa; altre volte, è stato anche applicato l’istituto del risarcimento del danno (cd danni puntivi) a favore prole e/o all’altro genitore.

Le predette sanzioni possono essere disposte non solo su istanza di parte - che può avanzarla sino al momento della precisazione delle conclusioni, ma anche ex officio, in ragione dei principi generali che presiedono la materia della tutela del minore, improntata agli ampi poteri ufficiosi istruttori e decisori del giudice.

Inoltre, la Corte di Cassazione, basandosi sull’interpretazione letterale della norma, ha confermato che tali misure coercitive indirette hanno un’intrinseca finalità sanzionatoria e deterrente e, conseguentemente, la loro applicazione può prescindere dall'accertamento in concreto di un pregiudizio subito dal minore: l'avere ostacolato il corretto svolgimento dei provvedimenti giudiziali è un fatto che giustifica di per sé l'irrogazione della condanna (Cfr. Cass. civ. 16980/2018).

Tali misure, inoltre, possono rafforzare l’applicazione di altri istituti volti al superamento del conflitto familiari, quali la mediazione familiare o la coordinazione genitoriale. In tal senso, si richiama quanto stabilito dal Tribunale Pavia con provvedimento 16.4.2020, che ha nominato un coordinatore genitoriale ed ha disposto che, in difetto di adesione di uno dei genitori alle indicazioni del professionista incaricato, l’altro genitore avrebbe potuto chiedere al giudice, ex art. 709 ter c.p.c., di adottare i provvedimenti conseguenti. In questo caso, la decisione è intervenuta per modificare la condotta ostacolante manifestata dal padre, anche nel corso del procedimento, poiché assumeva di non voler effettuare “… comunicazioni dirette con la madre, insistendo per contatti solo attraverso i legali … e addirittura [minacciava] il ricorso ad azioni penali nel caso in cui la madre di suo figlio gli avesse mandato dei messaggi sul telefono”.

In un altro caso, il Tribunale di Milano, con sentenza n. 40/2020, su istanza del curatore del figlio minore nominato dal giudice in un procedimento per la separazione personale dei coniugi, ha ammonito la madre, la quale ha ingiustificatamente omesso di comunicare tempestivamente “… non solo al padre … ma anche agli operatori tutti che stavano seguendo il nucleo familiare” che il figlio era stato bocciato. Il Collegio ha ritenuto che, in questa ipotesi, l'ammonimento costituisse misura adeguata e proporzionata a sanzionare la madre per la condotta posta in essere, nell’obiettivo “…di dissuaderla dal ripetere analoghi comportamenti, senza alcuna comprensibile e giustificata ragione”.

Con specifico riferimento alle conseguenze sanzionatorie per condotte cd. alienanti di un genitore nei confronti dell’altro, si richiamano due provvedimenti del Tribunale di Cosenza (n. 549/2019 e n. 2044/2017).

Nel primo caso (Trib. di Cosenza n. 549/2019), il Tribunale ha accolto la richiesta risarcitoria avanzata ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c. dal padre nei confronti della madre, che aveva deciso di non ottemperare ai provvedimenti in essere e quindi aveva deciso di interrompere unilateralmente i rapporti tra padre e figlio. Nella motivazione del provvedimento, vengono innanzitutto qualificate come condotte materne alienanti sia il suo strumentale ricorso a false denunce di abusi di natura sessuale e di maltrattamenti, sia la sua “…condotta quasi maniacale, a filmare o registrare quanto Io stesso diceva, ponendogli domande relative ai segni fisici dallo stesso presentati”. Ciò posto, i rimedi a cui ha fatto ricorso il Tribunale sono stati molteplici: affidamento del figlio minore ai servizi sociali, ammonimento alla madre “…ad astenersi dal tenere condotte ostative agli incontri padre-figlio”, oltre al risarcimento dei danni in favore del padre e del figlio, quantificati in € 5.000,00 ciascuno.

Parimenti alienante è stata ritenuta la condotta del padre volta a svilire la figura materna, con conseguente pregiudizio arrecato sia al diritto del minore alla bigenitorialità e alla sua crescita equilibrata e serena, che al diritto della madre di svolgere il proprio ruolo genitoriale (Trib. di Cosenza n. 2044/2017). Infatti, facendo proprio l’insegnamento della sentenza Cass. n. 6919/2016, il Tribunale ha precisato che anche tali circostanze, quali la continua denigrazione dell’altro genitore, corrispondono a condotte idonee ad attenuare la capacità genitoriale, la quale si misura anche attraverso la valutazione della capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l'altro genitore. Per contrastare tali comportamenti, il Tribunale ha dunque applicato più misure coercitive indirette: affidamento del figlio minore ai servizi sociali, ammonimento al padre e condanna dello stesso al risarcimento dei danni in favore della madre e del figlio quantificato nella somma di € 5.000,00 cadauno.

Allo stesso modo, il Tribunale di Milano, con provvedimento del 7.1.2018, reso in un procedimento per l’affidamento del figlio minore nato fuori dal matrimonio, ha condannato la madre per aver frapposto ostacoli alla frequentazione paterna del figlio, disponendo l'ammonimento ex officio, con l'invito a cessare ogni condotta pregiudizievole alla frequentazione con l'altro genitore, e prevedendo, ex art. 614-bis c.p.c., la condanna della stessa a corrispondere al padre una somma di denaro per ogni comportamento ostativo specificamente individuato dal Tribunale.

In particolare, la madre è stata condannata a corrispondere la somma di € 30,00 “…per ogni volta in cui il minore sia costretto a passare dall'abitazione materna per recuperare il materiale necessario per la scuola ovvero per l'attività sportiva" e, altresì, la somma di € 50,00 “…ogni volta in cui (in assenza di ragione oggettiva - ad esempio malattia certificata dal medico/pediatra di base del bambino) non sia consentito al padre di frequentare il minore nella giornata (con pernottamento) del mercoledì”.

Quanto, infine, all’ulteriore rimedio rappresentato dalla sanzione amministrativa ex art. 709 ter, co. 2 n. 4, c.p.c., si richiama il decreto del Tribunale di Milano di data 28.11.2017, che, dopo aver identificato come inadeguato il comportamento omissivo della madre, che continuava ad effettuare tutte le scelte relative alla salute, educazione, istruzione e residenza del figlio minore senza richiedere il consenso del padre, l’ha condannata al pagamento in favore della Cassa delle ammende dell'importo di € 2.700,00 “…trattandosi di comportamento che, indubbiamente, ha ostacolato il corretto esercizio della responsabilità genitoriale”.

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