La (im)possibilità di eseguire coattivamente i provvedimenti riguardanti i figli

19 LUGLIO 2021 | Numero speciale PAS

Luna Zampieri, Avvocato del Foro di Padova

Com’è noto, il figlio minore ha il diritto di mantenere rapporti equilibrati e continuativi anche con il genitore non convivente, chiamato a garantire, in solidarietà con l’altro genitore, l'assolvimento degli obblighi di cura, istruzione, assistenza morale e materiale della prole (Cfr. artt. 315, 316 e 337 ter c.c.).

La giurisprudenza ha avuto occasione di osservare che, in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico da compiere in ordine alla capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell'unione non può prescindere dal rispetto del principio della bigenitorialità, nel senso che non può trascurarsi l'esigenza di assicurare una comune presenza dei genitori nell'esistenza del figlio, in quanto idonea a garantire a quest'ultimo una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi ed a consentire agli stessi di adempiere il comune dovere di cooperare nell'assistenza, educazione ed istruzione del minore (Cfr. Cass. civ. n. 9143/2020; n. 9764/2019; n. 18817/2015; n. 11412/2014).

Tale principio è tutelato dall’ordinamento rispetto a possibili violazioni o inadempienze del genitore convivente, volte a ad impedire e/o rendere più difficoltoso l'esercizio dell'altrui diritto di visita (Cass. civ. n. 6471/2020).

Uno dei principali rimedi in siffatte ipotesi è offerto dalle sanzioni previste dall’art. 709 ter c.p.c., specificamente dettata per l’attuazione dei provvedimenti in tema di affidamento, e dall’art. 614 bis c.p.c.

L’art. 709 ter c.p.c. statuisce che, in caso di atti che ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, il Giudice può modificare i provvedimenti in essere, ammonire il genitore inadempiente, porre a suo carico una sanzione amministrativa, condannarlo al pagamento di somme a titolo di risarcimento del danno a favore dell’altro genitore e/o del figlio (cd. punitive damages, SS.UU. n. 16601/2017).

La disposizione di cui all’art. 614 bis c.p.c. contiene, invece, una norma di carattere generale, introdotta con la l. n. 69/2009 e modificata con la l. n. 83/2015, volta a costituire uno strumento di attuazione degli obblighi di fare e di non fare diversi dal pagamento di somme di denaro.

La norma introduce un meccanismo diretto a scongiurare l’eventuale futuro inadempimento del debitore, inducendolo ad adempiere all'obbligazione posta a suo carico dal Giudice, mediante l’utilizzo della cd condanna pro futuro, in forza della quale il medesimo dovrà corrispondere al creditore una somma di denaro “per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento”.

Tale istituto, denominato astreinte, mutuato dal diritto francese, è stato applicato dalla giurisprudenza anche al fine di sanzionare il genitore convivente che, in violazione del provvedimento giudiziale che disciplina l’affidamento e la suddivisione dei tempi di permanenza del figlio minore, ponga in essere ostacoli alla frequentazione del figlio con l'altro genitore, con formule del seguente tenore: “per ogni eventuale giorno di ritardo nell’esecuzione del presente provvedimento, [la madre] viene condannata al pagamento, a favore [del padre] della somma giornaliera di € 50,00 ex art.614 bis c.p.c.” (Cfr. Tribunale di Treviso, decreto del 3.8.2020).

Una delle principali finalità delle sanzioni indicate è, quindi, quella di garantire l’effettivo rispetto del principio di bigenitorialità, ‘costringendo’ indirettamente il genitore ostacolante ad un corretto adempimento delle disposizioni relative alle modalità di affidamento e frequentazione dei figli da parte del genitore non collocatario.

Tali rimedi, tuttavia, incontrano un limite di applicazione in quelle situazioni in cui la violazione del diritto di visita e, in generale, del principio di bigenitorialità, non sia conseguenza di comportamenti ostativi del genitore convivente con il figlio minore, ma dipenda invece dalla volontà dell’altro genitore o, diversamente, del figlio stesso.

Tale ipotesi si ha nel caso in cui il genitore non convivente, in violazione del provvedimento del giudice, non adempia al proprio diritto-dovere di frequentazione del figlio.

Sul punto, la Corte di Cassazione ha avuto modo di esprimersi di recente, con pronuncia n. 6471/2020, che ha cassato con rinvio il decreto reso dalla Corte d'appello dell'Aquila in data 9.10.2018, che aveva confermato la decisione di primo grado con cui il Tribunale di Chieti sanzionava, ai sensi dell'art. 614 bis c.p.c., l'inadempimento di un padre agli obblighi di visita fissati per regolamentare gli incontri con il figlio minore, ponendo a suo carico l’obbligo di corrispondere alla madre del minore la somma di € 100,00 per ogni futuro inadempimento.

Nel caso di specie, il padre, a sostegno dell’impugnazione proposta avverso il decreto della Corte d’appello dell’Aquila, osservava che il diritto-dovere del genitore non convivente di frequentare il figlio minore, seppure cristallizzato in un provvedimento giudiziale, rappresenta in realtà un vero e proprio diritto potestativo rimesso alla disponibilità del genitore e, di conseguenza, non coercibile, né assoggettabile alla sanzione di cui all’art. 614 bis c.p.c.

La questione all'esame della Corte di legittimità era, quindi, quella di stabilire se il diritto-dovere di visita del genitore non collocatario, ferma l'infungibilità della condotta, fosse suscettibile di coercibilità in via indiretta con le modalità di cui all'art. 709 ter e 614 bis c.p.c.

La risposta della Corte è stata negativa “… né potrebbe essere altrimenti per ragioni d'indole sistematica che leggono nel diritto di famiglia un diritto speciale le cui relazioni ispirate all'attuazione dell'interesse preminente del minore rinvengono in esso fondamento e, se del caso, limite”.

Ogni diversa lettura che volesse qualificare il dovere di visita del genitore non convivente alla stregua di un vero e proprio obbligo coercibile, costituirebbe infatti una violazione del superiore interesse del minore, inteso come crescita ispirata a canoni di equilibrio ed adeguatezza.

Di conseguenza, proprio al fine di tutelare il preminente interesse del figlio minore allo sviluppo di relazioni sane ed equilibrate con il genitore, il ‘dovere’ di frequentazione e visita di quest’ultimo deve in ogni caso essere espressione della propria capacità di autodeterminazione e, come tale, non può che essere rimesso, nel suo esercizio, alla libera e consapevole scelta dell’adulto.

Ciò posto, con specifico riferimento alle modalità coercitive indirette di cui agli artt. 709 ter e 614 bis c.p.c., il provvedimento in esame ne ha limitato la portata nei termini che seguono.

Con riferimento alle sanzioni elencate all’art. 709 ter c.p.c., la Cassazione ha affermato che, in caso di inadempienza del dovere di visita da parte del genitore non convivente, i poteri di intervento del giudice sono circoscritti al presente e, quanto alle conseguenze future di un possibile successivo protrarsi del comportamento sanzionato, non possono che limitarsi al potere di ammonimento.

Quanto, invece, ai cd. provvedimenti di astreinte, questi non risultano applicabili, in quanto si pongono in evidente contrasto con l'interesse del minore, il quale verrebbe a subire in tal modo una “monetizzazione preventiva” e una conseguente grave banalizzazione di un dovere essenziale del genitore nei suoi confronti, come quello alla sua frequentazione, riguardante un aspetto essenziale in cui si esprime la relazione genitoriale, facendo capo a un diritto-dovere di rilevanza costituzionale, che trova la sua fonte primaria nell'art. 30 Cost.

All'inerzia del genitore non collocatario possono quindi conseguire, nei fatti, solo provvedimenti volti ad escludere o limitare la sua responsabilità, attraverso l’applicazione dell'istituto dell’affidamento esclusivo o super esclusivo in capo all'altro genitore (art. 316, comma 1, c.c.), l'adozione di provvedimenti limitativi della responsabilità per condotta pregiudizievole ai figli (artt. 330 e 333 c.c.) ovvero, in casi estremi, la pronuncia di decadenza della responsabilità genitoriale.

Un ulteriore limite di applicazione delle sanzioni sovra indicate è ravvisabile nel caso in cui la violazione del diritto di visita dipenda non già da condizionamenti esterni al minore, bensì dalla ferma volontà dello stesso di non incontrare uno dei genitori.

Nella predetta pronuncia n. 6471/2020, la Corte di Cassazione ha precisato che, d’altro canto, non può essere sanzionato il genitore convivente, se il rifiuto del minore di incontrare l’altro genitore sia l’esito di una sua libera scelta, tanto più determinante quanto più questa sia espressa in vicinanza della sua maggiore età.

A sostegno del predetto principio, la Corte richiama un suo precedente (Cass. n. 21341/2019).

In tale ipotesi, la Corte di Cassazione ha ricordato che il diritto di visita del genitore non collocatario e quindi il diritto a mantenere il legame con il proprio figlio non ha carattere assoluto e deve procedere avendo sempre come parametro principale di riferimento il superiore interesse del minore da determinarsi avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, quali anche la pregressa esistenza e consistenza dei rapporti familiari e l'età del figlio.

Allo stesso modo, con sentenza n. 27207/2019, la Cassazione ha rigettato il ricorso di un padre avverso il provvedimento della Corte d’appello di Torino che, a conferma della precedente pronuncia di primo grado, gli aveva negato l’affidamento esclusivo della figlia, oramai prossima alla maggiore età, e rigettava la richiesta applicazione delle misure coercitive ex art. 709 ter e 614 bis c.p.c. a carico della madre della minore, in presenza di un’accertata conflittualità esistente fra la figlia e il padre, rilevata anche a seguito dell’ascolto della minore, dal quale emergeva che l'atteggiamento di rifiuto assunto dalla minore nei confronti del padre era riconducibile alla sua volontà e “non ad un plagio perpetrato dalla madre”.

In conclusione, con riferimento all’istituto di cui all’art. 614 bis c.p.c., la misura può essere applicata a carico del genitore convivente inadempiente, qualora ostacoli il diritto di frequentazione del figlio con l’altro genitore, così come previsto dai provvedimenti stabiliti dal Giudice, sempreché non venga accertato che la mancata frequentazione dipenda da un autentico rifiuto del minore.

Diversamente, se ad essere inadempiente è il genitore che non esercita il diritto di visita, non vedendo e non tenendo con sé il figlio secondo i tempi di permanenza stabiliti dai provvedimenti, la misura coercitiva indiretta dell’astreinte non si può applicare, in quanto si tradurrebbe, nei fatti, in un potenziale pregiudizio per il minore, coinvolto in una relazione “forzata”.

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