Oltre la ‘stretta visione’ dell’alienazione genitoriale. La coordinazione genitoriale nelle situazioni di resistenza e rifiuto a incontrare un genitore

19 LUGLIO 2021 | Numero speciale PAS

Dott.ssa Elena Giudice, coordinatrice genitoriale, Presidente AICOGE - Associazione Italiana Coordinatori Genitoriali

Nel mondo scientifico delle scienze sociali il tema dei comportamenti alienanti è molto dibattuto e controverso a livello internazionale. Dalla prima definizione di sindrome di alienazione genitoriale di Gardner (1985) con la concomitante denominazione si sono create coalizioni di supporto o di contrasto alla teoria dello psichiatra americano. Posizioni rigide tra chi riconosce il fenomeno come sindrome si sono contrapposte a quelle di chi invece addirittura osteggia l’evidenza di possibili comportamenti alienanti.

Lo scopo di questo articolo è andare oltre la restrittiva logica di sindrome - “un insieme di più sintomi o segni, senza riferimento all'eziologia o alla patogenesi, il cui verificarsi però, contemporaneo o associato, orienta la diagnosi” (Treccani) - per affrontare il tema dei comportamenti di resistenza e rifiuto in maniera comprensiva. Una logica integrata che tenga conto di tutti gli attori in gioco - bambini/adolescenti, genitore A, genitore B, eventuali nonni o nuovi compagni - e dell’interazione dei diversi sistemi così come i dati relativi alla vita famigliare e relazionale precedente la separazione e successiva.

Nel medesimo periodo in cui Gardner definiva la sindrome di alienazione genitoriale, Johnston e colleghi, con una serie di ricerche e contributi nel corso di oltre un ventennio (1985-2009), hanno descritto e definito una sindrome corrispondente, ma caratterizzata per la diversa impostazione teorica di fondo (Casonato, 2016). Gli studi di Johnston si collocano in prospettiva sistemico-familiare, mentre Gardner aveva una impostazione psicodinamica sia pur capace in parte di considerare anch’essa le dinamiche familiari e sociali in maniera integrata.

Se la diatriba rispetto all’esistenza o meno di una sindrome di alienazione genitoriale si ritiene del tutto sterile in questo contesto e per chi si occupa concretamente di situazione di alta conflittualità famigliare a seguito di separazioni, al contrario, la riflessione sul fenomeno delle difficoltà di contatto tra genitori e figli è un tema attuale e complesso rispetto agli interventi opportuni e all’approccio adeguato per affrontarlo con una visione aperta piuttosto che con lenti troppo restrittive. Le singol factor theory - alienazione di un genitore nei confronti dell’altro - sarebbe auspicabile fossero sostituite da multi-factors theory: non un solo fattore ma un insieme di fattori che concorrono al distanziamento relazionale (Sullivan, AFCC conference 2021).

Sarebbe semplicistico pensare che fenomeni tanto complessi si possano inserire in un’unica categoria con caratteristiche stabili nel tempo. Per questo l’evoluzione della definizione di questo fenomeno in ambito delle scienze sociali appare un’evoluzione. Da alienazione genitoriale a comportamenti alienanti - di cui l’alienazione risulta il più afflittivo delle relazioni - a manifestazioni di resistenza e rifiuto ad incontrare un genitore. Diventa chiaro che si passa da un concetto in parte statico, all’idea di un continuum di manifestazioni dalle più leggere e in parte fisiologiche - affinità, allineamento - o più severe - invischiamento, estraniamento - che vanno in escalation. Per questo motivo se si assume questo punto di vista è importante intervenire in maniera preventiva o comunque tempestiva.

Figura 1. Modello multifattoriale di rifiuto/resistenza al contatto con un genitore (adattato da M. Sullivan del modello di Kelly & Johnston, 2001).

Se la tempestività è fondamentale per evitare sia un’escalation nella gravità dei comportamenti sia una loro cristallizzazione, diventa quindi necessario uno screening comprensivo - non solo di pura diagnosi di stampo psichiatrico a cui troppa importanza viene data - che comprenda:

  • le relazioni famigliari precedenti rispetto ai ruoli intrafamigliari tra tutti i membri: chi si occupava dei figli e rispetto a quali temi? Con quali modalità e tempistiche? Quali erano le relazioni della fratria?
  • Le relazioni tra la famiglia ed ogni membro con le famiglie allargate e con il mondo amicale: che tipo di famiglia erano prima della separazione? Ci sono, ad esempio, le famiglie ‘bolla’ che hanno poche relazioni esterne, nelle quali uno dei due coniugi è inglobato dalla famiglia di origine dell’altro, di cui diventa parte a tutti gli effetti. Un modello famigliare che allontana le aree critiche e con la separazione chi ‘tradisce’ il progetto famigliare viene completamente estromesso. Si è dentro la bolla o completamente fuori. Questo funzionamento famigliare agevola ad esempio sia comportamenti alienanti, sia allentamento da parte del minorenne, soprattutto se si tratta di un adolescente che si sente tradito perché parte della bolla.
  • Gli stili educativi pre-separazione e come cambiano dopo la separazione e come cambiano le richieste di ruolo da parte dei genitori. È necessario rilevare comportamenti autoritari o eccessivamente lassisti, così come le modalità di comunicazione con i bambini e tra genitori.
  • Le caratteristiche dei minorenni al momento della separazione o dell’inizio della crisi famigliare: età, capacità cognitive, capacità affettive ed emotive, capacità di relazionarsi con i pari e con adulti al di fuori della famiglia, impegni esterni alla famiglia, andamento scolastico.
  • Le storie traumatiche - vere o presunte - precedenti e successive la separazione: violenze in famiglia dirette o assistite, autoritarismi, gestione delle crisi attraverso ricatti o imposizioni, maltrattamenti, così come racconti denigratori o violenti sull’altro genitore. Altrettanto la gestione della separazione nei confronti dei figli e i motivi della stessa devono essere attentamente vagliati. Un bambino può sentirsi profondamente tradito dal genitore che esce di casa del cui tradimento magari viene a conoscenza da un’amica di famiglia. Questo potrebbe essere un motivo legittimo di non desiderare di vedere l’altro e non dovrebbe essere etichettato come sola alienazione genitoriale.
  • Il coinvolgimento del minorenne nel conflitto tra i genitori sia prima che dopo la separazione. Bambini che conoscono i contenuti degli atti prodotti dagli avvocati o che vengono messi al corrente di informazioni non opportune per la loro età senza invece fornire spiegazioni ad esempio sulla separazione che tenga insieme il buono di ogni genitore in quanto tale.
  • Pratiche patologiche da parte dei genitori come abuso di sostanze o connesse a disturbi di personalità.

La necessità di uno screening comprensivo va di pari passo con l’analisi del conflitto post-separativo tra i genitori, che deve forzatamente prendere in considerazione i fatti così come i posizionamenti dei genitori e dei figli nel conflitto stesso. Innanzitutto è opportuno chiedersi se il conflitto è un alto conflitto co-genitoriale che, come tale, incide fortemente sulla vita dei figli e li coinvolge o si configura come un conflitto distruttivo che però non si centra sui figli. Questa distinzione è necessaria per evitare confusioni rispetto agli obiettivi e agli interventi da attuare. Altrettanto è importante verificare le modalità di comunicazione tra i genitori, leggendo chat e mail che si scambiano, e rilevare quanto sono in grado di tenere i figli al centro. Appare fondamentale comprendere se è presente un provocatore attivo oppure se è uno dei due a sottrarsi al confronto. I posizionamenti all’interno del conflitto co-genitoriale e lo screening comprensivo consentono allora di delineare un progetto per step che coinvolga tutto il sistema famigliare e che tenga realmente conto dei bisogni dei bambini. Lungi dal delineare risposte giuste o sbagliate, qui si intende far riflettere sull’importanza delle tempistiche di intervento e delle basi sulle quali poggiano le ipotesi di obiettivi e azioni concrete. Troppo spesso infatti si tende a stravolgere la vita dei bambini o ad attendere passivamente.

Nelle situazioni di resistenza e rifiuto ai contatti con un genitore è necessario che ci sia una combinazione di interventi con concomitante coinvolgimento del Tribunale a garanzia della protezione dei minorenni e dell’impegno effettivo dei genitori. Allo stesso tempo sono necessari interventi multi-professionali gestiti da un case-manager in grado di tenere ‘al tavolo’ tutti i punti di vista, consentendo ad ognuno di integrarsi con gli altri. È qui che la coordinazione genitoriale entra in gioco.

Infatti, in queste situazioni, è necessario che prima dell’attivazione degli interventi clinici, tanto importanti, si crei ordine nel progetto famigliare co-genitoriale. La riunificazione non è infatti l’obiettivo iniziale. Lo scopo in queste situazioni è alimentare e mettere in atto la co-genitorialità in maniera effettiva immediatamente dopo la separazione.

Prima di chiedere impegno ai bambini ed adolescenti e alla famiglia dal punto di vista psicologico è opportuno creare un contenitore che dia ad ogni soggetto coinvolto un ruolo chiaro, con compiti definiti e condivisi, per evitare sovrapposizioni di interventi o ancora peggio ‘comitati difensivi’ dell’uno o dell’altro genitore. I professionisti infatti rischiano in queste situazioni di ricreare le dinamiche famigliari conflittuali. Per tale motivo è necessario un team manager che potrebbe ben configurarsi nel ruolo del coordinatore genitoriale.

Questa figura professionale infatti ha lo scopo di mettere l’accento sulla co-genitorialità attiva e fattiva. Il ripristino della possibilità tra i genitori di prendere decisioni negoziate insieme, l’esigenza di riequilibrare i poteri decisionali tra genitori e di assumersi responsabilità concrete e condivise rispetto ai figli è azione necessaria per poter dare avvio ad un lavoro psicoterapeutico che possa esprimersi al meglio. Il campo psicoterapeutico, che sia individuale, famigliare, di coppia, deve poter essere il più possibile liberato dal ruolo di assumere decisioni, di valutare fatti, di verificare la messa in atto delle decisioni e del provvedimento dell’Autorità Giudiziaria.

La cura delle relazioni e la riparazione dei traumi così come il lavoro successivo di riunificazione dovrebbe concentrarsi sui significati che ogni persona e i sistemi in interazione danno agli eventi, per ricreare un racconto famigliare accettabile da tutti. La coordinazione genitoriale diventa il luogo in cui incapsulare il conflitto (Giudice, Francavillla, Pisano, 2018), in cui dare voce ad entrambi i genitori, in cui portare la voce dei figli e rendere visibili i loro bisogni: il luogo dell’essere in due genitori con doveri e responsabilità oltre che diritti.

La coordinazione genitoriale è un sistema di risoluzione alternativa delle controversie non riservato, centrato sul minore. È rivolta a genitori la cui perdurante elevata conflittualità costituisce un rischio evolutivo per i figli. Essa prevede che un terzo imparziale, professionista adeguatamente formato, aiuti i genitori altamente conflittuali a mettere in pratica la bi-genitorialità attraverso l’implementazione e il mantenimento delle decisioni già assunte dall’Autorità Giudiziaria e di quelle che saranno prese all’interno del processo di Co.Ge. sulla base del riconoscimento dei bisogni dei figli (www.aicoge.it). Altrettanto il coordinatore genitoriale che dovrebbe essere scelto dai genitori e non imposto dal Giudice o dal Consulente Tecnico d’Ufficio. Egli dovrebbe avere anche il compito di:

  • definire un progetto specifico, integrato e scritto che non parta dagli interventi, facendo sì, piuttosto, che questi ultimi vengano definiti a seguito dell’individuazione degli obiettivi con tempistiche chiare. Quali sono gli obiettivi? Quale tipo di azione può consentire di raggiungere gli obiettivi? Quale professionista è opportuno si occupi di mettere in atto l’azione specifica? Troppo spesso, infatti, nelle consulenze sono elencati interventi senza un progetto integrato basato su obiettivi. Gli interventi sono il mezzo per raggiungere risultati che devono essere esplicitati, negoziati e comunicati a tutti per essere perseguiti;
  • creare il team multi professionale insieme ai genitori, scegliendo i professionisti sulla base delle caratteristiche della famiglia. In queste situazioni tanto complesse è fondamentale che il team lavori in maniera affiatata e dando l’esempio ai membri della famiglia anche in caso di disaccordo. Infatti, laddove i professionisti si trovassero in disaccordo devono evitare rischiose alleanze distruttive a favore di un’integrazione generativa;
  • fungere da team manager, con una calendarizzazione delle verifiche del raggiungimento degli obiettivi insieme ai professionisti, ai genitori, ai figli, al Giudice e agli avvocati.

Infine, punto specifico di queste situazioni è che deve essere chiaro a tutti i soggetti coinvolti che il tema della riunificazione non è in discussione. Non si preparano i figli ad essere pronti a incontrare il genitore che rifiutano, piuttosto si accompagnano i genitori - entrambi - a consentire che avvenga un passaggio deciso dal Giudice. I figli vanno deresponsabilizzati dal dover decidere se ‘far succedere’ o meno la riunificazione. Sono gli adulti che si devono impegnare a creare il terreno perché si limitino e riparino i fattori che hanno portato alla resistenza o al rifiuto. Un’ultima attenzione è da porre alla tendenza a pensare di far un buon servizio ai figli dando loro uno spazio psicoterapeutico. Nulla di più errato. I figli in situazioni di resistenza e rifiuto al contatto non riusciranno a trovare nello spazio di cura un luogo sicuro, sentendo di dover mantenere una posizione e di poter diventare sempre più testimoni della complessa condizione famigliare. Si ribadisce qui che sono gli adulti a dover creare o ripristinare uno spazio co-genitoriale, nel quale poi possano esprimersi al meglio tutti gli interventi di cura.

Bibliografia

Casonato, M. (2016). Alienazione genitoriale e sindrome da alienazione parentale (PAS). Key Ed., Milano.

Giudice, Francavilla, Pisano (2018). La coordinazione genitoriale in Italia. Dialogo tra teoria e pratica. Key Ed. Milano

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