Per le SS.UU. solo il coniuge che percepisca “attualmente” l’assegno divorzile ha diritto alla pensione di reversibilità (non quello che lo abbia percepito una tantum)

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 2234 depositata il 24 settembre 2018, dirimendo il contrasto “…negli orientamenti della giurisprudenza di legittimità circa la natura del diritto alla pensione di reversibilità...” ed in ordine alla individuazione dei requisiti per la sua attribuzione, ha affermato il principio di diritto in base al quale

“…la titolarità dell’assegno, di cui all’art. 5 della…legge 1 dicembre 1970 n. 898, deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell’assegno divorzile, al momento della morte dell’ex coniuge, e non già come titolarità astratta del diritto all’assegno divorzile che è stato in precedenza soddisfatto con la corresponsione in un’unica soluzione…”.

La Corte d’Appello di Messina, confermando la decisione del Giudice di primo grado, aveva negato alla ex moglie il diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità dell’ex coniuge “…ritenendo ostativa la circostanza dell’avvenuto percepimento in unica soluzione dell’assegno divorzile…”.
Osservava in proposito la Corte di merito che “…il requisito della titolarità dell’assegno (n.d.r. : stabilita nella norma di cui all’art. 9 comma 3 legge 898/1970) deve essere attuale e cioè che al momento del sorgere del diritto alla pensione di reversibilità deve essere in atto una prestazione periodica in favore dell’ex coniuge…”.

Avverso tale sentenza era stato interposto ricorso per Cassazione sulla base di cinque motivi, con i quali è stata dedotta “…la violazione…degli articoli 5, 9 e 9 bis della legge n. 898/1970 per aver disatteso la natura previdenziale del … diritto a una quota della pensione di reversibilità…” ed era stata sollevata questione di incostituzionalità dell’art. 9, legge 898/1970, interpretato alla stregua della decisione impugnata.

La prima Sezione della Corte di Cassazione, cui era stato assegnato il ricorso, rilevando l’esistenza “…di un contrasto negli orientamenti della giurisprudenza di legittimità circa la natura giuridica del diritto alla pensione di reversibilità e la interpretazione della norma …che pone come presupposto per il diritto alla pensione di reversibilità la titolarità dell’assegno di cui all’art. 5…,” con l’ordinanza interlocutoria n. 1143/2017, aveva rimesso gli atti alle Sezioni Unite.

Gli ermellini, richiamato il contenuto della sentenza delle Sezioni Unite n. 159 del 12 gennaio 1988, che aveva affermato la natura previdenziale dell’assegno di reversibilità, e la pronuncia della Corte Costituzionale n. 419 del 20 ottobre 1999, che ne aveva sottolineato la funzione solidaristica nei confronti del coniuge divorziato, hanno evidenziato i tratti salienti dei due opposti indirizzi ermeneutici della giurisprudenza di legittimità.
Il primo, elaborato prevalentemente dalla Sezione Lavoro, riconosceva il diritto alla pensione di reversibilità solo all’ex coniuge che fosse “attualmente” titolare dell’assegno di mantenimento (Cass. Civ. Sez. Lavoro nn. 9054/16-26168/15-11088/12-3635/12, Cass. Civ. Sez. I 16744/11; in tal senso: M. Moretti, Trattato di Diritto di Famiglia a cura di G. Bonilini, 2016, UTET, volume III, pagg. 3020 e ss.), il secondo “…segnato dalle uniche due decisioni le quali affermano che la titolarità dell’assegno di divorzio non significa necessariamente corresponsione periodica e attuale dell’assegno…”, essendo irrilevante la “…modalità solutoria del debito, una tantum,…in via alternativa all’ordinaria corresponsione periodica…” (Cass. Civ. Sez.I nn. 13108/2010 e 16744/2011).

Le Sezioni Unite, con la sentenza in epigrafe, hanno affermato che “…il problema dell’interpretazione dell’espressione testuale - titolare dell’assegno -…assume una direzione univoca nel senso di valorizzare il significato della titolarità come condizione che vive e si qualifica nell’attualità… intesa come fruizione attuale di una somma periodicamente versata all’ex coniuge come contributo al suo mantenimento...”. Tuttavia, “…l’assegno di reversibilità non costituisce la mera continuazione post mortem dell’assegno di divorzio, ma si giustifica con le stesse ragioni che giustificavano il sostegno economico all’ex coniuge, mediante la corresponsione dell’assegno divorzile…”.
Infatti, esso “…è una prestazione previdenziale la cui attribuzione dipende dalla ricorrenza di una condizione legale graduata in funzione della persistenza del vincolo di condivisione …economica con il lavoratore che beneficiava del trattamento pensionistico…”.
Quindi, facendo proprie le considerazioni della giurisprudenza lavoristica nell’interpretare art. 5 comma 8 della legge n. 898/70, hanno ribadito che la preclusione concernente la proposizione di domande a contenuto economico, dopo la corresponsione dell’assegno una tantum non ha il significato di “… negare il carattere autonomo e di natura previdenziale…” del diritto dell’ex coniuge all’assegno di reversibilità, ma, sul presupposto che “…non esiste alla morte dell’ex coniuge una situazione di contribuzione economica periodica e attuale che viene a mancare…difetta il requisito funzionale del trattamento di reversibilità che è dato dal presupposto solidaristico finalizzato alla continuazione del sostegno economico in favore dell’ex coniuge…”.

Sotto altro profilo, le Sezioni Unite hanno “rimarcato” l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla ricorrente, richiamando la recente sentenza n. 174/2016 della Corte Costituzionale, la quale, in linea con le precedenti pronunce sul punto, ha confermato la natura previdenziale e solidaristica dell’assegno di reversibilità “…quale prestazione che mira a tutelare la continuità del sostentamento e a prevenire lo stato di bisogno che può derivare dalla morte del coniuge…”.
In tal senso risulta quindi “…pienamente compatibile con le disposizioni degli artt. 3, 37 e 38 Cost. l’interpretazione che considera la titolarità dell’assegno come titolarità attuale, mediante concreta corresponsione di una contribuzione periodica sino al momento della morte dell’ex coniuge obbligato…”.

 

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