Assegno di mantenimento del figlio naturale: da quando decorre l’obbligo del genitore non affidatario?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.8816 depositata il 12 maggio 2020, ha affermato il principio per cui la decisione del Tribunale per i minorenni relativa all'obbligo di mantenimento del figlio naturale da parte del genitore non affidatario, ai sensi dell'art. 148 c.c., retroagisce naturalmente al momento della domanda giudiziale oppure, se successiva, a quella dell'effettiva cessazione della coabitazione, senza necessità di apposita statuizione sul punto. La decisione in seguito adottata dalla Corte d'appello, all'esito dell'eventuale reclamo, si sostituisce a quella del Tribunale per i minorenni e produce effetti con la medesima decorrenza.

IL CASO – La madre, al termine di una relazione con il padre, aveva proposto ricorso davanti al Tribunale per i minorenni di Milano chiedendo un contributo per il mantenimento del loro figlio pari ad € 2.000,00, oltre alla metà delle spese straordinarie.

Il Tribunale accoglieva la domanda e determinava il contributo paterno in € 520,71. 

La madre proponeva reclamo avanti la Corte d’appello, che riformava l’ordinanza, aumentando ad € 1.800,00 l’importo del contributo mensile.

In forza di tale pronuncia la madre notificava al padre un atto di precetto per il pagamento delle somme arretrate calcolate in € 1.800,00 mensili dalla data di proposizione dell’originaria domanda giudiziale. 

Il padre si opponeva all’esecuzione, eccependo che il maggior importo stabilito dalla Corte d’appello per gli arretrati fosse dovuto dal momento della pronuncia del decreto della Corte – 11 giugno 2015 – o, al massimo, dalla data della decisione del Tribunale per i minorenni – gennaio 2014.

Il Tribunale di Milano rigettava l’opposizione al precetto, mentre la Corte d’appello accoglieva il gravame proposto dal padre, stabilendo che il contributo paterno di € 1.800,00 dovesse essere corrisposto dalla data di proposizione del reclamo, ordinando inoltre la restituzione da parte della madre della quota parte ricevuta in eccesso.

La madre proponeva allora ricorso per Cassazione, affidandosi a due motivi esaminati congiuntamente.

LA DECISIONE – La Suprema Corte, accogliendo i motivi del ricorso, ha precisato che l’obbligazione di mantenimento del figlio, collegandosi allo status di genitore, decorre dal momento della nascita del figlio e quindi, nel caso di cessazione della convivenza dei genitori, l’obbligo del genitore non affidatario o collocatario decorre da tale cessazione, e non già dalla proposizione della domanda giudiziale.

Infatti, solo da quel momento diventano efficaci le statuizioni in tema di affidamento dei figli ed i conseguenti provvedimenti di natura economica.

Tuttavia, nel caso esaminato dalla Corte, la cessazione della coabitazione era precedente alla domanda giudiziale e, di conseguenza, il limite alla retroattività della decisione era costituito dall’espressa domanda della parte, attenendo tale pronuncia alla definizione dei rapporti pregressi tra i genitori, in quanto debitori solidali, ossia a diritti disponibili, e non incidendo sul superiore interesse del minore.

La Suprema Corte chiarisce quindi che: “la decisione del tribunale per i minorenni relativa all’obbligo di mantenimento a carico del genitore non affidatario o non collocatario non ha effetti costitutivi, bensì meramente dichiarativi di un diritto che, nell’an, è direttamente connesso allo status genitoriale. Tale pronuncia, pertanto, retroagisce naturalmente al momento della domanda, senza necessità di apposita statuizione sul punto”.

In conclusione la Corte distingue a seconda che la domanda sia stata proposta prima o dopo la cessazione della convivenza dei genitori, stabilendo il principio di diritto per cui "la decisione del tribunale per i minorenni relativa all’obbligo di mantenimento, ai sensi dell’art.148 c.c., del figlio naturale da parte del genitore non affidatario retroagisce naturalmente al momento della domanda giudiziale, oppure, se successiva, dall’effettiva cessazione della coabitazione, senza necessità di apposita statuizione sul punto. La decisione adottata dalla corte d’appello all’esito dell’eventuale reclamo si sostituisce a quella del tribunale per i minorenne e produce effetti con la medesima decorrenza”.
 

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