La Cassazione torna sul tema dell’accettazione tacita dell’eredità

Con ordinanza n. 5995 depositata il 4.3.2020, la Corte di cassazione ha affermato che non è accettazione tacita dell’eredità ricevere la posta del de cuius.

IL CASO. Tizia proponeva ricorso in opposizione al decreto ingiuntivo con cui il Condominio Alfa le aveva intimato il pagamento degli oneri condominiali relativi all’immobile della defunta madre. Tizia eccepiva che non era mai divenuta proprietaria dell’immobile, non avendo mai posto in essere una accettazione, né tacita né espressa, dell’eredità materna. Il Tribunale respingeva l’opposizione ritenendo, all’esito dell’istruttoria, che vi fossero indizi da far presumere che Tizia avesse tacitamente accettato l’eredità.
Tizia appellava la sentenza, ribadendo la non avvenuta accettazione dell’eredità. La Corte accoglieva l’appello, ritenendo che gli elementi ritenuti dai giudici di primo grado sufficienti per ravvisare l’accettazione tacita ex art. 476 c.c. non integravano invece tale fattispecie.
In particolare, i giudici di secondo grado ritenevano che la mera ricezione di comunicazioni destinate ai condomini e la qualificazione contenuta in un elaborato peritale depositato in una procedura esecutiva avviata contro la de cuius, non costituivano atti del chiamato all’eredità, parimenti il pagamento del debito ereditario – sebbene atto del chiamato – non postula necessariamente la volontà di accettare l’eredità, potendo anche essere compiuto per altre ragioni (ammettendo la legge l’adempimento del terzo ex art. 1180 c.c.).
La Corte inoltre dichiarava l’inammissibilità delle nuove produzioni dell’appellato Condominio, in quanto si era costituito tardivamente ed inoltre non era stata fornita la prova della impossibilità di produrli nel giudizio di primo grado.
Il Condominio proponeva quindi ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo con cui lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 347 c.p.c…

LA SENTENZA. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo infondato l’unico motivo proposto. 
In primo luogo, la tardiva costituzione dell’appellato precludeva la produzione dei documenti con i quali il Condominio intendeva dimostrare l’acquisto in capo a Tizia della qualità di erede. La corretta applicazione dell’art. 347 c.p.c. importa, invero, che la costituzione dell’appellato avvenga secondo le forme ed i termini previsti per i procedimenti avanti il Tribunale. Per cui anche alla costituzione dell’appellato si applicano gli artt. 166 e 167 c.p.c., con le relative preclusioni, in caso di costituzione tardiva.
In secondo luogo, la norma vigente ed applicabile all’appello era l’art. 345 c.p.c., nella formulazione che non richiede la ‘indispensabilità’ del documento. Pertanto, secondo gli Ermellini non sussisteva una violazione di detta norma in quanto il Condominio ricorrente, laddove avesse voluto produrre quello specifico documento in grado di appello, avrebbe dovuto dimostrare – ciò che non era avvenuto – non già l’indispensabilità dello stesso, ma l’impossibilità di produrlo nel giudizio di primo grado per causa ad esso non imputabile.
Al rigetto del ricorso, seguiva la conferma della sentenza di secondo grado con le relative statuizioni in tema di atti che comportano o meno accettazione tacita dell’eredità, terreno sempre molto delicato perché, in presenza di eredità gravate da debiti, un atto da parte di un soggetto che comporti accettazione tacita riveste importanti e gravi riflessi sulla sua responsabilità ultra vires hereditatis.

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