Contenuto necessario e contenuto eventuale della separazione: aspetti processuali

Con la sentenza n. 19847/2018, la Cassazione civile ha riaffermato un costante orientamento secondo il quale gli accordi di separazione hanno un contenuto “necessario” ed uno “eventuale”, ovvero adottato in occasione, e non per l’effetto, della separazione intervenuta fra i coniugi.
Nella specie si trattava del riconoscimento della comproprietà della casa familiare e dell’attribuzione di un diritto d’uso a favore del figlio (cfr. anche Cass. 23.6.2017 n. 2036).
A tal fine è particolarmente utile ricordare la decisione n. 24321 del 22.11.2007, con la quale la Suprema Corte, richiesta di giudicare il rigetto della domanda di modifica di condizioni di separazione personale nel punto in cui avevano stabilito l’obbligo di futura vendita della casa coniugale, precisava che tali negozi non si configurano come convenzioni matrimoniali “caratterizzate da un sostanziale parallelismo di volontà e interessi, nonché postulanti lo svolgimento della convivenza coniugale ed il riferimento ad una generalità di beni, anche di futura acquisizione”.
Aggiungeva, inoltre, la Corte che gli accordi in sede di separazione, invece, “costituiscono espressione di libera autonomia contrattuale, sempre che non comportino una lesione di diritti inderogabili” e che “in particolare,

l’accordo mediante il quale i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti in sede di separazione consensuale, stabiliscano il trasferimento di beni immobili (e, segnatamente, come nella specie, di quello che costituisce la casa familiare), dà vita ad un contratto atipico, il quale, è volto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico ai sensi dell’art. 1322 c.c.,

è caratterizzato da propri presupposti e finalità senza risultare, del resto, necessariamente collegato alla presenza di uno specifico corrispettivo o di uno specifico riferimento ai tratti propri della donazione e risponde, di norma, ad un originario spirito di sistemazione, in occasione appunto dell’evento di “separazione consensuale”, di tutta quell’ampia serie di rapporti (anche del tutto frammentari) aventi significati (o, eventualmente, anche solo riflessi) patrimoniali maturati nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale”.
Quindi, per tutti e tali motivi, la sentenza in esame ribadisce ancora, facendo propri con estrema sintesi i principi espressi in maniera puntuale nella sentenza del 2007, che gli accordi raggiunti in sede di separazione non sono modificabili nelle forme e secondo la procedura di cui agli artt. 710 e 711 c.p.c., potendo  questa riguardare solo le clausole aventi causa nella separazione personale, e non i patti autonomi che regolano i reciproci rapporti ex art. 1372 c.c.
Ogni questione riguardante il contenuto “eventuale” resta perciò rimessa al giudizio ordinario, secondo le regole generali, rappresentando la procedura di separazione ed il decreto di omologazione mere condizioni di efficacia del sottostante accordo tra coniugi, dunque senza alcuna funzione sostitutiva o integrativa della volontà delle parti.
Va segnalato tuttavia che la dottrina non è del tutto orientata nel medesimo senso.
Un’ampia corrente di pensiero ritiene che la distinzione fra contenuto necessario ed occasionale della separazione non trovi giustificazione alcuna, in quanto tutti gli accordi che regolano la separazione fra coniugi (regolamento patrimoniale e/o trasferimento di beni), nel loro complesso, costituiscono contratti della crisi coniugale, tanto da beneficiare dell’esenzione fiscale prevista dall’art. 19 della legge n. 74 del 1987 (cfr. circolare Agenzia Entrate n. 2/2014 e Cass. 17.2.2016 n. 3110).
In sintesi, dunque, è necessario sottolineare come su un piano strettamente privatistico (nonostante le perplessità della dottrina) la distinzione ancora sussiste sul piano giurisprudenziale e spiega effetto sotto il profilo degli strumenti giuridici necessari ad intervenire in sede di contestazione degli accordi, o del loro adempimento (valutazione di meritevolezza ex art. 1322 cc. ed esclusione del rito camerale di cui all’art. 710 c.p.c.), mentre su piani diversi (quello tributario, ad esempio) la distinzione si avvia a divenire sfumata, se non superata.
 
 

 

 

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