La Cassazione sceglie ancora la formula dell’adozione mite che consente la conservazione del rapporto biologico

IL CASO. Il Tribunale dei Minorenni di Torino aveva dichiarato lo stato di adottabilità di una neonata, nata dal matrimonio tra due cittadini nigeriani, inserendola in una famiglia affidataria, già dal 25° giorno di vita con mantenimento però dei rapporti minore - genitori fino alla definitività della sentenza.

I genitori presentavano appello alla Corte di Torino, la quale respingeva i rispettivi gravami, dopo aver sentito sia gli affidatari che i genitori, confermando, anche all’esito della disposta ctu psicologica sulla minore e psichiatrica sulla madre, la necessità del mantenimento della collocazione presso la famiglia affidataria, stante l’impossibilità di rispettare i tempi della minore per un recupero delle competenze genitoriali.

Ricorrevano allora per cassazione, nei confronti del curatore speciale della minore e del tutore della stessa, oltre che del Procuratore generale della Corte d’appello di Torino, i genitori biologici per quattro motivi.

Con i primi due motivi i ricorrenti sollevano due censure in tema di nullità procedimentale, in quanto non sarebbe stato notificato al padre il decreto di apertura dello stato di adottabilità e non sarebbe stato tradotto quello notificato alla madre.  Gli ermellini dichiarano inammissibili entrambi i motivi, in quanto, non proposti in secondo grado e non inerenti a nullità rilevabili d’ufficio.

Il terzo e il quarto motivo che riguardano invece la sussistenza dello stato di abbandono, non  essendo state adottate misure di sostegno per agevolare il riavvicinamento genitori figlia, e l’omesso esame della possibilità di un’adozione mite, venivano accolti dal Supremo collegio.

 LA DECISIONE. Il Supremo collegio, dopo aver ricordato il proprio anche recente orientamento in forza del quale “il giudice chiamato a decidere sullo stato di abbandono del minore e quindi sulla dichiarazione di adottabilità, deve accertare la sussistenza dell’interesse del minore a conservare il legame  con i suoi genitori biologici, pur se deficitari nelle loro capacità genitoriali, perché l’adozione legittimante costituisce un extrema ratio cui può pervenirsi quando non si ravvisi tale interesse, considerato che nell’ordinamento coesistono sia il modello di adozione fondato sulla radicale recisione dei rapporti con i genitori biologici, sia modelli che escludono tale requisito e consentono la conservazione del rapporto quali le forme di adozione disciplinate dalla L. n.184 del 1983 artt. 44 e seguenti in particolare l’art. 44 lett.d)” ha richiamato anche la posizione della Corte EDU, secondo la quale costituisce un obbligo delle autorità italiane “prima di prevedere la soluzione di una rottura del legame familiare” di adoperarsi in maniera adeguata per fare rispettare il diritto della madre di vivere con il figlio al fine di evitare di incorrere nella violazione del diritto al rispetto della vita familiare sancito dall’art. 8 CEDU“

 Nessuno dei principi sopraricordati risultava rispettato dalla sentenza impugnata.

Nel caso di specie, infatti,  i Giudici del merito, pur avendo dato atto degli sforzi e dell’attaccamento dei genitori biologici alla bambina e dell’impegno da essi profuso per migliorare le loro criticità e pur avendo a disposizione un istituto giuridico che consente un graduale recupero del rapporto tra figlia e genitori, avevano omesso il ricorso all’adozione mite ai sensi dell’art. 44 lett.d), sottraendosi così ad un obbligo chiaro imposto oltre che dal sistema giuridico italiano anche da quello europeo.

In accoglimento dei motivi sopra richiamati la Cassazione civile ha quindi cassato la sentenza impugnata nei limiti anzidetti e rinviato alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

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