L’obbligo di deposito integrale degli accordi di divorzio al catasto previsto dall’ordinamento austriaco viola l’art. 8 CEDU

La Corte di Strasburgo, con la sentenza del 6 aprile 2021, ric. 5434/17, Liebscher c. Austria (consultabile sul sito della Corte EDU al seguente link: http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-209035) ha ravvisato una violazione dell’art. 8 CEDU da parte della Repubblica d’Austria dovuta al fatto che, la necessità di depositare integralmente gli accordi di divorzio (anziché un mero estratto) presso il catasto per il trasferimento della quota di proprietà da un coniuge all’altro, viola la privacy di chi richiede la trascrizione e, nella specie, degli ex coniugi. Gli accordi, a seguito di questo deposito integrale, diventano infatti pubblici ed accessibili a terzi, anche relativamente a dati sensibili (attinenti ai figli minori, alla residenza, allo stato patrimoniale ecc.) non pertinenti ed estranei a detto passaggio di proprietà.

La vicenda trae origine da un divorzio consensuale concluso con un accordo che non definiva solo da divisione dei beni tra gli ex coniugi, ma conteneva anche informazioni sensibili, quali quelle relative all’affidamento dei figli minori, ai redditi, alla residenza e alle rispettive attribuzioni patrimoniali. Proprio in ragione di ciò il ricorrente presentava al registro fondiario, per il trasferimento della sua quota di proprietà, un estratto dell’accordo di divorzio con nota del Tribunale della famiglia che attestava come il documento conteneva tutte le pattuizioni relative alla proprietà immobiliare.

Nonostante ciò, il Tribunale del registro fondiario respingeva l’istanza del ricorrente, ritenendo necessaria la presentazione dell’accordo integrale in forza degli artt. 87 e 94 dell’LRA (Land Register Act – legge sul registro fondiario). La normativa austriaca richiede, a dire dei Giudici interni, il deposito del documento integrale in quanto un mero estratto non corrisponde all’originale; inoltre l’atto presentato deve essere prodotto nella sua interezza per consentire al Tribunale del registro fondiario di esaminare in modo completo la domanda e i documenti allegati, a nulla rilevando la nota del Tribunale della famiglia, in quanto non competente sul punto.

Il ricorrente, esauriti i rimedi interni e vistosi rigettare anche la domanda di rinvio alla Corte di Giustizia UE e alla Corte costituzionale austriaca per un riesame della costituzionalità della legge in questione, adiva la Corte EDU.

I Giudici di Strasburgo hanno così condannato l’Austria per violazione dell’art. 8 CEDU secondo cui:

1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.

In più occasioni, infatti, la Corte EDU ha affermato che la protezione dei dati personali è di fondamentale importanza per il godimento del diritto al rispetto della vita privata e familiare, garantito dall’articolo 8 della Convenzione (Satakunnan Markkinapörssi Oy e Satamedia Oy c. Finlandia [GC], 27 giugno 2017, ric. 931/13, § 133).

Il diritto interno deve pertanto offrire garanzie idonee ad impedire qualsiasi utilizzo dei dati personali in conformità a quanto previsto da tale articolo (Z c. Finlandia, 25 febbraio 1997, § 95).

Nella specie, con riguardo agli obblighi dello Stato, i Giudici di Strasburgo hanno ribadito che, sebbene la finalità dell’art. 8 consista essenzialmente nella tutela della persona dalle ingerenze arbitrarie delle autorità pubbliche, esso non richiede allo Stato solo di astenersi da ingiustificate interferenze nella vita privata degli individui, ma, oltre a tale impegno di carattere essenzialmente negativo, può imporre obblighi positivi atti a garantire l’effettivo rispetto di tale diritto.

Ferma restando la discrezionalità degli Stati membri di valutare la necessità di istituire un quadro normativo che disciplini le condizioni in base alle quali comprimere i diritti del singolo per la tutela di altri interessi (nel caso di specie: quello di un’efficace tutela del diritto di proprietà attraverso la disciplina regolata dalla legge sul registro fondiario), tale discrezionalità non può essere illimitata. Lo Stato deve infatti rispettare il principio di proporzionalità e operare un bilanciamento che garantisca il rispetto del giusto equilibrio tra gli interessi contrapposti (Bărbulescu v. Romania [GC], 5 settembre 2017, ric. 61496/08, § 112).

Nel caso di specie, invece, i Tribunali austriaci non avevano operato alcuna valutazione di proporzionalità, in quanto non avevano minimamente preso in considerazione se potesse essere sufficiente, ai fini della trasparenza del registro fondiario, la presentazione di un estratto dell’accordo di divorzio, contente comunque tutte le informazioni relative ai trasferimenti immobiliari convenuti dai divorziandi. Intatti, i Giudici austriaci avevano semplicemente ritenuto giustificata l’ingerenza nella vita privata del ricorrente in quanto prevista dalla legge austriaca per un’efficace tutela del diritto di proprietà.

Diversamente, i Tribunali austriaci avrebbero dovuto esaminare la questione relativa alla compatibilità dell’obbligo legale di produrre al catasto l’accordo integrale di divorzio, contenete anche dati sensibili, con il diritto del singolo alla protezione della propria privacy. Un tale diritto viene, infatti, in tal modo, seriamente compromesso dal fatto che l’integrale contenuto di tale accordo, comprese le informazioni sensibili in esso esplicitate, vengono resi pubblici e accessibili a un numero indeterminato di terzi, senza che ciò trovi effettiva giustificazione in un contrapposto interesse pubblico.

La Corte EDU ha pertanto ravvisato una violazione dell’art. 8 CEDU, con riguardo agli obblighi positivi dello Stato di garantire il rispetto effettivo della vita privata.

Poiché tali obblighi positivi richiedono al legislatore di stabilire un quadro giuridico che assicuri l'effettivo godimento del diritto alla protezione dei dati personali garantito dalla Convenzione, la Corte ha concluso che i Tribunali nazionali, escludendo la necessità di rivolgersi alla Corte costituzionale, non hanno valutato sufficientemente le possibilità di interpretare le disposizioni applicabili dell'LRA in conformità con la Convenzione.

Di conseguenza hanno rifiutato di affrontare la questione tanto sul piano della compatibilità della legge interna all’art. 8 CEDU, tanto su quello di un’interpretazione convenzionalmente conforme della normativa.

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