GREEN PASS Covid 19: riflessioni del Comitato Nazionale di Bioetica

Il 17 marzo 2021 la Commissione europea aveva avanzato una proposta di regolamento per l’istituzione di un certificato europeo Covid 19, nel tentativo di superare le limitazioni alla libertà di circolazione all’interno dell’Unione Europea adottate dai singoli Stati membri nel periodo più recrudescente della pandemia.

Qualche giorno fa il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza tale regolamento che permetterà di viaggiare liberamente all’interno del territorio europeo a partire dal 1 luglio 2021.

È altresì intervenuta l’adozione formale da parte del Consiglio europeo e la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Tre sono i requisiti alternativi che consentiranno di ottenere dalle autorità nazionali il rilascio gratuito del Green pass: aver effettuato la vaccinazione contro il COVID 19, un certificato di guarigione dalla malattia, l’esecuzione di un tampone di esito negativo.

Il certificato verrà rilasciato dal Paese di appartenenza sia in formato cartaceo che digitale, e funzionerà anche tramite l’utilizzo di apposite app.

Gli Stati europei si sono impegnati a non imporre quarantene di isolamento o altre misure restrittive a chi risulti essere in possesso di tale certificato, a meno che tali misure non risultino in quel momento necessarie e proporzionate per salvaguardare la salute pubblica.

In ogni caso prima di adottare provvedimenti limitativi nei confronti di chi è in possesso del green pass, sarà necessario un periodo di preavviso non inferiore alle 24 ore.

L’introduzione normativa del certificato COVID 19 pone sicuramente seri problemi bioetici.

Per questo motivo il governo italiano, già nella primavera di quest’anno, aveva chiesto al Comitato nazionale per la bioetica (CNB) di rilasciare un parere che ne valutasse le criticità.

Il CNB si è pronunciato con il parere pubblicato il 30 aprile 2021.

La principale perplessità bioetica consiste nello stesso utilizzo di dati estremamente sensibili (come quelli relativi alla salute delle persone) per finalità non solo e non necessariamente mediche.

Si rende quindi imprescindibile garantire la tutela della riservatezza di questi dati, ma soprattutto individuare limiti, garanzie e condizioni alle quali subordinare l’impiego di una certificazione medica in ambiti diversi da quello prettamente medico.

Considerata la diffusa mobilità garantita dalla libertà di circolazione dei cittadini europei, l’introduzione di un pass volto a condizionare l’esercizio di questo diritto al possesso di una certificazione di tipo sanitario rischia, infatti, di costituire un grave precedente, non essendo eticamente accettabile l’introduzione di un passaporto biologico a valenza permanente che limiti la libertà di circolazione e l’accesso dei cittadini europei a determinati luoghi e attività, subordinandoli appunto a comportamenti ritenuti più o meno virtuosi (come ad es. la vaccinazione) e quindi a criteri normativi introdotti di volta in volta dall’autorità statale piuttosto che dalle autorità sanitarie.

Questo, come rilevato nella nota integrativa del professor Maurizio Mori stesa in calce al parere del CNB, implica anche una modificazione del concetto stesso di salute che, abbandonata la nozione ippocratica di condizione umana naturale, aderisca ad una nozione psicofisica di salute come costrutto sociale, tale da inglobare il rischio del danno a terzi, determinato dalle opportunità tecnico scientifiche e non più dalla natura. Con tutte le conseguenze anche discriminatorie insite in questo nuovo concetto, dati gli evidenti problemi di accesso della popolazione mondiale alle misure e tecniche sanitarie, nonché la limitazione della libertà di autodeterminazione sanitaria del singolo.

Per questo motivo, per il CNB, l’impiego del Green pass COVID-19 costituisce una misura straordinaria legata esclusivamente ed eccezionalmente alla gravità dell’attuale crisi pandemica, e deve essere regolata da un’apposita legge.

Il provvedimento normativo dovrà indicare con precisione l’ambito delle attività il cui svolgimento sarà concesso ai possessori del Green pass, limitandole a quelle che presentano i più seri rischi di contagio secondo il criterio di proporzionalità.

Il Green pass dovrà essere mantenuto in vigore per il tempo strettamente necessario, in modo proporzionato e temporaneo, introducendo le garanzie necessarie per impedirne abusi.

E non dovrà in alcun modo costituire la premessa per misure automatiche più ampie e definitive, come il passaporto biologico o altre forme di tracciamento, profilazione o sorveglianza.

Infatti, ogni misura di restrizione e di condizionamento delle libertà individuali basata sulle condizioni di salute che si estendesse oltre il limite indicato deve essere considerata eticamente e giuridicamente inaccettabile.

Il Comitato riconosce in ogni caso l’importanza e il rilievo dell’uso del Green pass per consentire un parziale allentamento delle restrizioni imposte dalla pandemia.

Evidenzia, tuttavia, anche il rischio di discriminazioni nel suo uso, soprattutto in questa fase di transizione, finché non ci sarà disponibilità di vaccini per tutti. Per mitigare le discriminazioni dovranno tenersi in considerazione anche il certificato di guarigione o il tampone negativo.

Inoltre, si dovrà ridurre il peso economico legato all’effettuazione ripetuta del test sierologico o del tampone, ed è quindi opportuno che queste misure siano sempre offerte in forma gratuita, come il vaccino.

Occorre, altresì, assicurare la disponibilità concreta ed effettiva di questi test su tutto il territorio nazionale.

Il Comitato rileva, infine, la necessità di una campagna di informazione capillare, completa e comprensibile, che evidenzi ragioni, condizioni, opportunità, finalità e limiti di questa documentazione e che renda la popolazione consapevole delle diverse caratteristiche delle certificazioni contenute nel pass covid -19, e delle relative distinzioni in termini di sicurezza, affidabilità ed efficacia. Questo per non indurre le persone a rinunciare alle misure non farmacologiche di contrasto alla pandemia, come il distanziamento fisico, il lavaggio delle mani e l’utilizzo di mascherine.

Il Green pass dovrà essere comprensibile, gratuito e facile da ottenere, disponibile sia in forma digitale che cartacea, per evitare il divario digitale, e deve contenere misure che ne garantiscono l’autenticità, come il codice QR.

Imprescindibile poi che le indicazioni di uso del Grenn pass siano basate esclusivamente su dati scientifici e aggiornati sull’andamento del contagio, sulle varianti del virus, sul grado e sulla durata dell’immunità, sulla trasmissibilità del contagio nei vaccinati.

Ovviamente il Grenn pass e la gestione dei dati dovranno essere tutelati in conformità alle norme nazionali ed europee sulla protezione dei dati personali.

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