Lo stato della giurisprudenza sulle spese straordinarie per i figli tra obblighi giuridici e responsabilità educativa dei genitori

Nella determinazione del contributo economico di ciascun genitore al mantenimento della prole, come previsto dall’art. 155 c.c., uno degli aspetti di maggior interesse e a tutt’oggi ancora colmo di incertezze è quello delle c.d. spese straordinarie e il loro rapporto con quelle “ordinarie”.
La questione riguarda il mantenimento dei figli minori, di quelli maggiorenni non economicamente autosufficienti e di quelli portatori di handicap,  siano essi nati in costanza di matrimonio dei genitori ovvero fuori dal matrimonio.
L’individuazione delle spese straordinarie non è questione di poco conto, atteso che non sono ricomprese nell’assegno di mantenimento periodico che solitamente il genitore non collocatario corrisponde all’altro,  ma vanno rimborsate al genitore antistatario secondo una ripartizione pro quota prestabilita.
In assenza di una norma che distingua tra spese ordinarie e spese straordinarie, l’intervento della giurisprudenza negli anni è stato fondamentale e sempre più puntuale in rapporto alle molteplici problematiche che via via sono emerse sul punto.
Anzitutto l’orientamento consolidato della Suprema Corte ha privilegiato il significato semantico dell’espressione “spesa straordinaria”, affermando che possa definirsi tale soltanto la spesa che, per rilevanza dell’importo, imprevedibilità e imponderabilità, si distacchi significativamente da ciò che ordinariamente viene erogato per le necessità dei figli.
Da queste caratteristiche discende l’illegittimità di una forfettizzazione delle spese straordinarie all’interno dell’assegno periodico, poiché questa rischierebbe di produrre grave danno alla prole per l’ipotesi di impossibilità del genitore percipiente l’assegno di fronteggiare spese particolarmente gravose.
Precisa la Corte di Cassazione che “la soluzione di stabilire in via forfettaria ed aprioristica ciò che è imponderabile e imprevedibile, oltre ad apparire in contrasto con il principio logico secondo cui soltanto ciò che è determinabile può essere preventivamente quantificato, introduce, nell’individuazione del contributo in favore della prole, una sorta di alea incompatibile con i principi che regolano la materia.” (Cass. 8.9.2014 n. 18869;  nello stesso senso: Cass. 17.1.2018 n.1070 e Cass. 8.6.2012 n. 9372)

La Suprema Corte, sollecitata dalle istanze nascenti dalla pratica del diritto, si è poi occupata del delicato, quanto rilevante, argomento dell’accordo tra genitori in ordine alle spese straordinarie da sostenere per i figli.
Partendo dal presupposto che l’affidamento condiviso dei figli comporta uguali poteri e responsabilità da parte dei genitori, ai fini dello sviluppo psico-fisico del figlio e della sua formazione morale e culturale, richiedendo a ciascuno di essi un personale impegno nella realizzazione di un progetto educativo comune che esige una costante e preventiva consultazione reciproca, la Corte di Cassazione ha tracciato un chiaro solco tra il concetto di spese extra ordinem e quello di spese relative alle decisioni di maggior interesse per i figli che possono riguardare i campi dell’istruzione, della salute e dell’educazione.
Le prime sono le spese che si connotano per essere relative ad eventi non ricorrenti, o addirittura eccezionali, nella vita del figlio oppure perché per l’importo esulano dalla normalità o comunque dall’ordinario tenore di vita della famiglia; le seconde sono quelle che, a norma dell’art. 155 c.c., i genitori devono assumere di comune accordo.
Non sempre le decisioni di maggior interesse comportano spese straordinarie come ad esempio la decisione di far fruire o meno al figlio l’insegnamento di un determinato credo religioso oppure la scelta tra diverse scuole pubbliche, ma nella maggior parte dei casi i due profili vengono a connotare il medesimo esborso.
Sul punto si sono susseguiti nel tempo diversi orientamenti da parte del Giudice di legittimità: un orientamento tradizionale,  secondo cui le spese straordinarie che implicano decisioni di maggiore interesse per i figli  devono essere sempre previamente concordate, a cui è seguito uno intermedio, secondo cui l’obbligo di rimborso consegue alla loro omessa contestazione e quello poi definitivamente affermatosi che fa leva sulla valutazione dell’interesse del figlio anziché sulla condivisione delle spese.
Anche di recente la Suprema Corte ha più volte ribadito che “non è configurabile a carico del coniuge affidatario un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l’altro in ordine alla determinazione delle spese straordinarie trattandosi di decisioni d maggior interesse per il figlio e sussistendo, pertanto, a carico del coniuge non affidatario un obbligo di rimborso qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso. Ne consegue che nel caso di mancata concertazione preventiva e del rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, il giudice - ai fini della corretta applicazione dei criteri previsti dagli artt. 147 e 316 bis c.c. – è tenuto a verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore mediante la valutazione della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità e della sostenibilità della spesa stessa rapportata alle condizioni economiche dei genitori” (cfr. Cass. 17.1.2018 n.1070).
In altre parole, il principio che oggi trova applicazione tra i giudici di merito e di legittimità, è quello per cui anche nel caso di spese straordinarie che dovessero implicare decisioni  di maggiore interesse per i figli, non è configurabile a carico del coniuge che vive con la prole un obbligo di concertazione preventiva con l’altro coniuge, in ordine alla effettuazione e determinazione delle spese straordinarie, fermo restando che compete al giudice, ove le parti lo richiedano, verificare se la scelta adottata corrisponda o meno all’interesse del minore e legittimi pertanto la richiesta di rimborso pro quota rivolta da un genitore all’altro.
Tale orientamento, che privilegia la valutazione dell’interesse del figlio, anziché la condivisione delle scelte, è evidentemente frutto del frequente comportamento ostruzionistico del genitore non collocatario, il quale si limitava a respingere la richiesta e a non pagare. Ovvio che, trattandosi di materia (le spese) relativa all’interesse “forte” del figlio, occorreva escogitare un criterio che definisse il contrasto, prevenendo il danno che il comportamento irresponsabile del genitore avrebbe potuto provocare agli interessi della prole; il criterio individuato dalla giurisprudenza è, appunto, quello che impone il pagamento senza necessità di preventiva informazione, salva specifica e motivata contestazione giudiziale.
L’unico rimedio possibile per il genitore chiamato al rimborso è, dunque, il ricorso all’autorità giudiziaria per la verifica se la spesa corrisponda effettivamente all’interesse del figlio, mediante la valutazione dell’entità della spesa stessa rispetto alla sua utilità e sostenibilità tenuto conto delle condizioni economiche dei genitori (Cass. 17.1.2018 n. 1070; Cass. 17.01.2018 n. 5490; Cass. 23.2.2017 n. 4753; Cass. 2.3.2016 n. 4182).
                                                                                         
Il Giudice di Legittimità si è inoltre occupato del tema dell’interpretazione dell’accordo intervenuto tra i genitori in ordine al mantenimento della prole, sia ordinario che straordinario, una volta recepito nel decreto di omologa ovvero nella sentenza di divorzio.
L’interpretazione dell’accordo delle parti non può avvenire in base ai criteri stabiliti dall’art. 1362 c.c. poiché la circostanza che la sentenza, o il decreto, abbia tenuto conto delle concordi indicazioni delle parti non consente di attribuire natura negoziale alle condizioni stabilite nei provvedimenti giudiziari in quanto il recepimento degli accordi è frutto di autonoma valutazione giudiziale ispirata sempre all’esclusivo interesse della prole.
La natura del giudicato…comportandone l’assimilabilità agli elementi normativi della fattispecie…” implica anche l’applicazione, in via analogica, dei “principi dettati dall’art. 12 preleggi e dovendosi quindi procedere alla ricostruzione del comando oggettivo della sentenza attraverso l’integrazione del dispositivo con la motivazione che lo sostiene, avendo riguardo, ove residuino incertezze interpretative, anche alle domande proposte dalle parti, nonché alle risultanze degli atti processuali”… “Trattandosi dell’interpretazione di una regula juris,  il risultato di tale operazione è censurabile in sede di legittimità sotto il profilo della violazione di legge….” (Cass. 20.6.2012 n. 10174)
Sull’assimilazione dell’interpretazione del giudicato alla esegesi delle norme piuttosto che a quella dei negozi giuridici, si sono espresse nel 2007 anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, seppur occupandosi in quel caso di altra materia, affermando che “gli eventuali errori di interpretazione del giudicato rilevano quali errori di diritto” con evidenti conseguente sotto il profilo del possibile gravame.
                                                                           
Altra questione che ha lungamente impegnato la giurisprudenza e che, a fronte di un consolidato orientamento, ultimamente sembra aprire a nuove prospettive interpretative ispirate ad un evidente favor creditoris (che, in questa materia, corrisponde quasi sempre all’interesse dei figli) è quella relativa al recupero forzato delle spese straordinarie anticipate per la prole.
L’orientamento tradizionale ha sempre ritenuto che il genitore interessato ad ottenere il rimborso delle spese straordinarie anticipate non potesse instaurare una procedura esecutiva sulla base del provvedimento che pone l’obbligo di pagamento delle spese straordinarie (es. ordinanza presidenziale), ma fosse necessario conseguire in sede di cognizione l’accertamento dell’effettiva sopravvenienza della spesa straordinaria e della relativa entità (nella pratica spesso facendo ricorso alla procedura monitoria). A questo scopo si riteneva, in sostanza, indispensabile un titolo esecutivo avente ad oggetti la specifica determinazione, anche in termini quantitativi, delle spese straordinarie concretamente sostenute dal coniuge che le avesse anticipate, anche tramite il ricorso a parametri certi, che permettessero un mero calcolo matematico. Sebbene la pronuncia giudiziale relativa al mantenimento della prole ex art. 155 c.c. costituisca in astratto titolo esecutivo (e lo è in concreto per il mantenimento periodico relativamente al quale il genitore può intimare precetto),  secondo la giurisprudenza prevalente essa non può fondare la richiesta di rimborso per somme dovute a titolo di spese straordinarie a causa della incertezza ed illiquidità del credito, per cui, anche in assenza di opposizione ex art. 615 c.p.c., il giudice dell’esecuzione dovrebbe rilevare d’ufficio la mancanza del titolo dichiarare l’estinzione della procedura.
Tuttavia, più di recente, la Suprema Corte, ha adottato un indirizzo più elastico con riferimento alle spese mediche e scolastiche straordinarie che secondo la nozione di comune esperienza appaiono esborsi “normali”, ed ha pertanto adottato un indirizzo più elastico, ritenendo che, pur se incerte nell’an e nel quantum, tali spese non sono correlate a fatti meramente eventuali o straordinari, ma devono ricondursi all’ordinaria attuazione degli obblighi derivanti dall’art. 148 c.c.: trattasi, infatti, di spese relative ad eventi di probabilità tale da potersi definire sostanzialmente certi e ad esborsi da ritenersi indeterminati soltanto nel quando e non nel quantum.
Secondo questo orientamento,quindi, il provvedimento pronunciato in sede di separazione, divorzio, affidamento e mantenimento figli nati fuori dal matrimonio (o da quello di modifica delle condizioni di tutti tali provvedimenti) costituisce già titolo esecutivo, senza necessità di conseguirne uno ulteriore previo accertamento della sopravvenienza ed entità delle spese straordinarie anzidette.
Sul punto il Giudice di legittimità scrive: ”….Il provvedimento con il quale, in sede di separazione, si stabilisce che il genitore non affidatario paghi, sia pure pro quota, le spese mediche e scolastiche ordinarie relative ai figli costituisce idoneo titolo esecutivo e non richiede un ulteriore intervento del giudice in sede di cognizione, qualora il genitore creditore possa allegare e documentare l'effettiva sopravvenienza degli esborsi indicati nel titolo e la relativa entità, salvo il diritto dell'altro coniuge di contestare l'esistenza del credito per la non riconducibilità degli esborsi a spese necessarie o per violazione delle modalità d'individuazione dei bisogni del minore" (cfr. Cass. 23.5.2011 n. 11316).
Ed ancora la Suprema Corte  ha chiarito che… “il provvedimento con il quale, in sede di separazione, si stabilisce che il genitore non affidatario paghi pro quota le spese ordinarie per il mantenimento dei figli, costituisce idoneo titolo esecutivo e non richiede un ulteriore intervento del giudice in sede di cognizione ma ciò solo a condizione che il genitore creditore "possa allegare e documentare l'effettiva sopravvenienza degli esborsi indicati nel titolo e la relativa entità" (cfr. Cass. 20.10.2016 n. 21241).
Ha ben spiegato, poi, la Corte che l’attività di allegazione e documentazione deve essere eseguita con l’atto di precetto, e non già nel successivo (e solo eventuale) giudizio di opposizione all’esecuzione, per l’ovvia considerazione che il debitore deve essere messo in condizione di poter sin da subito verificare la correttezza o meno delle somme indicate nel di precetto ( che vede così confermata la funzione esplicativa del credito anche alla luce di elementi estranei, in via immediata, al titolo già delineata da Cass. S.U. 2.7.2012 n. 11066).
(Cass. 23.5.2011 n. 11316; Cass. 20.10.2016 n. 21241)
                                                                                   
Giova segnalare, infine, che con sentenza n. 1427/2017 il Tribunale di Treviso, nell’ambito di un giudizio di divorzio, ha accolto la domanda formulata ex art. 709 ter c.p.c. nei confronti del padre che aveva colpevolmente omesso il pagamento delle spese straordinarie.
La pronuncia presenta un particolare interesse perché sanziona, con l’ammonimento e il risarcimento del danno, il genitore che è rimasto lungamente inerte rispetto all’obbligo impostogli, con ciò violando il generale dovere di contribuire al mantenimento dei figli. Il Tribunale riconosce il diritto al risarcimento del danno solo a favore del genitore che ha anticipato le spese, perché l’omissione del padre non ha inciso sulla serenità di vita dei figli che erano stati sostenuti economicamente dalla madre.
Quindi, la violazione dell’obbligo al mantenimento riguardante la contribuzione alle spese straordinarie viene sanzionata perché integra una violazione dei doveri collegati alla funzione genitoriale nella situazione di rottura della comunione coniugale (Trib. Treviso 20.6.2017 n. 1427).

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