Gli effetti del pagamento di un debito del de cuius da parte del chiamato all’eredità

09 NOVEMBRE 2020 | Successioni e donazioni

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20878, depositata il 30.9.2020, affronta il tema frequente del pagamento di un debito del “de cuius” effettuato da uno dei chiamati all’eredità al fine di poterlo considerare o meno un atto di accettazione tacita dell’eredità.
IL CASO. Tizio proponeva opposizione avanti il Giudice di Pace di Roma avverso settanta verbali di contestazione per violazioni del codice della strada, sostenendo di essere estraneo alle violazioni, non essendo proprietario del veicolo ed avendo rinunciato all’eredità della madre, originaria proprietaria.
Il Giudice di Pace rigettava l’opposizione, affermando che l’avvenuto pagamento di una delle sanzioni da parte del ricorrente era qualificabile come accettazione tacita dell’eredità. Inoltre, il Giudice di Pace valorizzava il fatto che su tutti i verbali notificati al ricorrente fosse indicato quale proprietario del veicolo e che le violazioni accertate erano state commesse successivamente alla data del decesso della madre, ma erano tutte antecedenti alla data in cui Tizio aveva rinunziato all’eredità.
Tizio proponeva appello, che veniva rigettato dal Tribunale di Roma, con conferma integrale della sentenza del Giudice di Pace.
Tizio proponeva quindi ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi che interessano, la violazione e falsa applicazione degli artt. 475, 476, 521 e 2697 c.c. ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., sostenendo che la sentenza  del Giudice di Pace, confermata in appello, era errata nella parte in cui ha ritenuto che Tizio fosse proprietario del veicolo in quanto erede della madre.
Tizio affermava di rivestire la qualifica di mero chiamato all’eredità e che, a seguito della rinuncia all’eredità, non poteva essere chiamato a rispondere dei debiti ereditari, avendo la rinuncia effetti retroattivi.
Inoltre, il pagamento di una delle sanzioni notificate era da qualificarsi quale atto meramente conservativo, non avendo l’Amministrazione Comunale provato che Tizio avesse il possesso del veicolo, né che fosse il conducente dello stesso al momento delle infrazioni.
LA SENTENZA. Gli Ermellini hanno ritenuto il motivo fondato, in quanto non può costituire accettazione tacita dell’eredità un atto di natura meramente conservativa, che il chiamato può compiere anche prima dell’accettazione ex art. 460 c.c..

La Corte di Cassazione ha sempre affermato che, per aversi accettazione tacita dell’eredità, non basta che un atto sia compiuto dal chiamato all’eredità con implicita volontà di accettarla, ma è necessario altresì che si tratti di atto che egli non avrebbe diritto di porre in essere, se non nella qualità di erede.

Il pagamento di un debito del de cuius, che il chiamato all’eredità effettui con denaro proprio, non è un atto dispositivo e comunque suscettibile di alterare la consistenza dell’asse ereditario, cioè tale che solo l’erede abbia diritto di compierlo. Nel caso difettava pertanto in capo a Tizio il secondo dei requisiti richiesti in via cumulativa - e non disgiuntiva - per l’accettazione tacita.
In particolare, la Suprema Corte osservava che il fatto del pagamento della sanzione da parte di Tizio non poteva essere ritenuto un atto configurante un’accettazione tacita, trattandosi di un atto meramente conservativo, essendo ammesso dall’art. 1180 c.c. l’adempimento del terzo.
Inoltre, gli Ermellini precisavano che, trattandosi di debiti per infrazioni commesse dopo l’apertura della successione, nemmeno potevano essere qualificati come debiti ereditari, ma semmai come debiti dell’erede, il cui adempimento non può certo indurre a ravvisare un’ipotesi di accettazione tacita.
Una volta esclusa la possibilità di qualificare il pagamento compiuto da Tizio quale accettazione tacita dell’eredità, la Cassazione ha ravvisato l’erroneità della sentenza del Tribunale di Roma nella parte in cui aveva escluso che la rinuncia all’eredità potesse avere effetti retroattivi.
Invero, il disposto dell’art. 521 c.c., titolato “retroattività della rinunzia”, prevede espressamente che chi rinunzia all’eredità sia considerato come non vi fosse mai stato chiamato.
E’ pertanto del tutto irrilevante che le infrazioni fossero state commesse tra l’apertura della successione e la rinunzia di Tizio, avendo quest’ultima effetti retroattivi.
Da quanto sopra discende che Tizio non aveva alcun onere di provvedere all’aggiornamento del Pubblico Registro Automobilistico, essendo un’obbligazione propria dell’acquirente del diritto di proprietà del bene e pertanto di colui che assuma effettivamente la qualità di erede.
Inoltre, le risultanze del Pubblico Registro Automobilistico costituiscono una prova presuntiva della proprietà, che può essere vinta da prova contraria.
La sentenza in esame conferma che:

(i) il pagamento di un debito ereditario da parte del chiamato all’eredità con denaro proprio non implica accettazione tacita dell’eredità; (ii) il legislatore ha previsto i c.d. atti conservativi, che il chiamato può compiere senza che si possa configurare un’accettazione tacita dell’eredità; (iii) la rinunzia all’eredità ha effetti retroattivi.

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