Testamento olografo senza data: quid juris?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9364, depositata il 21.5.2020, affronta il tema della rilevanza della data nel testamento olografo, affermando che la data ne rappresenta un elemento essenziale e deve comprendere l’indicazione del giorno, del mese e dell’anno.

IL CASO. Il Tribunale di Lecce, su domanda di Tizio, disponeva l’annullamento, per mancanza della data, dei testamenti olografi di Caio che contenevano la nomina di Sempronio quale erede universale e, per l’effetto, dichiarava aperta la successione legittima del defunto in favore dell’attore.

La Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado, aggiungendo che l’indicazione della data costituisce requisito essenziale del testamento olografo, non suscettibile di essere ricavato aliunde da elementi estranei alla scheda, e che la mancanza della data costituisce di per sé causa di invalidità senza che sia minimamente necessaria un’indagine volta a verificare le conseguenze della mancanza sui rapporti dipendenti dalle disposizioni testamentarie.

Il soccombente proponeva ricorso per Cassazione.

LA SENTENZA. Con il primo motivo di ricorso denunciava violazione dell’art. 364, comma 1, n. 3, c.p.c., in quanto i Giudici di merito, in presenza di una domanda volta a far accertare la nullità dei testamenti, non potevano disporne l’annullamento.

La Corte ha rigettato il motivo, motivando che costituisce domanda nuova l’introduzione di una nuova causa petendi la quale comporti, attraverso la prospettazione di nuove circostanze, il mutamento dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio. Per l’effetto, secondo gli Ermellini, ricorre la violazione dell’art. 112, c.p.c., solo quando il Giudice, integrando e sostituendo, in tutto o in parte, gli elementi della causa petendi, ponga a fondamento della pronuncia un fatto giuridico costitutivo diverso da quello dedotto dall’attore e dibattuto in giudizio.

Nella specie l’attore aveva dedotto, quale causa di invalidità dei testamenti, la mancanza di data, chiedendo la declaratoria di nullità delle schede ed i Giudici di merito, sulla base della medesima deduzione, hanno pronunciato l’annullamento.

Pertanto, secondo la Suprema Corte, non c’è alcuna violazione del principio del contraddittorio in quanto nel pronunciare l’annullamento, anziché la nullità, i Giudici di merito non hanno operato alcuna alterazione dei termini della controversia, ma hanno qualificato la domanda in applicazione del principio iura novit curia. La mancanza di data è annoverabile fra i requisiti formali la cui mancanza determina l’annullabilità del testamento olografo, ai sensi dell’art. 606, comma 2, non la nullità.

Nel caso di specie, la Corte di merito, nel pronunciare l’annullamento dei testamenti, ha riconosciuto sussistere esattamente la carenza denunciata dall’attore e la mancanza di data degli olografi costituiva lo specifico oggetto del giudizio ai fini delle conseguenze sulla validità dei testamenti.

La Corte ha altresì aggiunto che la pronuncia di annullamento ha effetto retroattivo, travolgendo l’accettazione del chiamato in base al testamento e determinando ab origine la delazione dell’eredità in favore dei successibili ex lege. Nei confronti dei terzi trova invece applicazione la regola di cui all’art. 534 c.c., in base al quale sono salvi i diritti acquistati a titolo oneroso con l’erede apparente dai terzi i quali provino di aver contrattato in buona fede.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente riproponeva la tesi secondo cui la data, in applicazione del principio di conservazione della volontà del testatore, doveva e poteva ricavarsi aliunde, essendo presente sulla busta nella quale erano contenute le schede testamentarie.

Inoltre, secondo il ricorrente, la mancanza della data si pone quale causa di invalidità del testamento solo in presenza di contestazione sulla capacità del testatore o per risolvere il conflitto fra testamenti incompatibili o altra questione da decidersi in base al tempo del testamento.

Anche questo motivo è stato rigettato.

La data costituisce un elemento essenziale del testamento olografo e deve contenere l’indicazione del giorno, del mese e dell’anno.

Si riconosce la possibilità che la data incompleta possa essere integrata con altri dati o indicazioni equipollenti, ma ciò sempre che questi siano intriseci cioè contenuti nella scheda testamentaria e non ricercati aliunde (Cass. n. 505/1952; n. 1323/1965).

Inoltre,

la giurisprudenza della Suprema Corte è consolidata nell’affermare che la data può essere apposta al principio od alla fine delle disposizioni, prima o dopo la sottoscrizione, ma deve comunque essere scritta sulla scheda.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente censurava la sentenza per aver ritenuto l’attore soccombente nei confronti di Unicredit che aveva pagato le giacenze bancarie del de cuius all’erede legittimo prima che fosse pronunciato l’annullamento del testamento.

Secondo il ricorrente, sino a quando non fosse stato disposto l’annullamento il testamento, questo era efficace e pertanto la Banca era venuta meno ai propri obblighi di custodia, accordando il pagamento ad un soggetto che in quel momento non aveva titolo di erede.

Il motivo è stato rigettato in quanto la pronuncia di annullamento di un negozio giuridico ha efficacia retroattiva in quanto comporta il ripristino, fra le parti, della situazione giuridica anteriore al negozio annullato. Tale principio, secondo gli Ermellini, è applicabile anche l’annullamento del testamento.

Se il testamento contiene la nomina di un erede universale, come nel caso, la pronuncia di annullamento opera retroattivamente determinando ab origine la delazione esclusivamente in favore del successibile ex lege, come se il testamento non fosse mai esistito.

Qualsiasi effetto nelle more prodottosi in favore del soggetto designato nel testamento annullato, cade retroattivamente.

La Banca quindi aveva legittimamente pagato l’erede legittimo anche se in quel momento non era tale in ragione della retroattività della pronunzia di annullamento del testamento.

La Corte di Cassazione rigettava quindi il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese di lite. 

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