Poteri e doveri del giudice della protezione internazionale: gli ultimi indirizzi dalla Cassazione

In due recenti decisioni la Corte di Cassazione, ritornando ad occuparsi di protezione internazionale, si sofferma in particolare sugli obblighi di valutazione della credibilità delle dichiarazioni del richiedente che incombono al Giudice, sulla motivazione del provvedimento e sull’integrazione istruttoria officiosa. 
PRIMO CASO.  Un cittadino del Gambia di fede cristiana richiedeva asilo in Italia poiché era stato costretto, a suo dire, ad abbandonare il proprio paese a causa del decesso, a seguito di un aborto clandestino, di una ragazza (musulmana) cui era legato sentimentalmente. Essendo tale relazione contrastata dalla famiglia della ragazza, il cui padre lo riteneva responsabile della sua morte, aveva da questi ricevuto minacce di morte. Da qui la fuga in Italia, la richiesta di asilo e il diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.
La Corte d’appello di Venezia confermava la pronuncia di rigetto della sezione specializzata del Tribunale ordinario.
SECONDO CASO. Un cittadino del Pakistan richiedeva asilo in Italia poiché era stato costretto ad espatriare dal suo paese, insieme ai suoi figli, avendo subito un’aggressione da parte di terroristi mentre esercitava la professione di Imam in una comunità sunnita. Anche in questo caso la Commissione amministrativa territorialmente competente aveva respingendo la domanda di protezione internazionale. 
La Corte d’appello di Catanzaro aveva poi confermato la pronuncia di rigetto della sezione specializzata del Tribunale ordinario. 
LE DECISIONI La Suprema Corte decideva il primo caso con ordinanza depositata il 4 febbraio 2021 ed il secondo con ordinanza depositata l’11 febbraio successivo, accogliendo parzialmente i rispettivi ricorsi e rinviando alle competenti Corti d’appello, in diversa composizione, per il riesame delle controversie in relazione ai motivi accolti.
In particolare la Corte ha infatti rilevato come la Corte territoriale veneta non  avesse assegnato alcuna valutazione di credibilità al racconto del richiedente senza aver effettuato una sua valutazione complessiva, sulla base delle circostanze documentate, limitandosi ad affermare che il Tribunale aveva condiviso le perplessità della Commissione territoriale ed escludendo, inoltre, che nella zona di provenienza del ricorrente vi fosse una situazione di violenza generalizzata o di conflitto armato: argomentazione non coerente con la vicenda narrata ed idonea a ritenere che non sia fosse stato correttamente adempiuto il dovere di cooperazione istruttoria.

Il Supremo collegio quindi ha indicato alla Corte veneta i seguenti principi di diritto:
    a. “In tema di protezione internazionale, la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice ma é il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati nel D. Lgs n.251 del 2007, art. 3, comma 5, tenendo conto della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente di cui al comma 3 dello stesso articolo, senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto che deve essere valutato in modo complessivo e non atomistico”;
    b. “la motivazione, inoltre deve essere argomentata in modo idoneo a rilevare la relativa ratio decidendi, senza essere basata, invece, su elementi irrilevanti o su notazioni che, essendo prove di riscontri processuali, abbiano la loro fonte nella mera opinione del giudice, cosicchè il relativo giudizio risulti privo della conclusione razionale”
    c. “inoltre a fronte del dovere del richiedente di allegare tutti gli elementi necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese di origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa , tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione; il giudice del merito non può pertanto limitarsi a valutazioni solo generiche  ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo in tali ipotesi la pronuncia, ove impugnata, incorrere nel vizio di motivazione apparente”.

Alla Corte di Catanzaro, invece, il Supremo Collegio ha contestato come obiettivamente la sentenza impugnata non avesse esaminato affatto la documentazione in atti, quale indicata nei motivi d’appello. 
In particolare, non era stata considerata quella relativa alla stabilità del rapporto di lavoro, ai fini della valutazione dell’integrazione e della conseguente comparazione con la situazione di pericolo nel paese di origine. 
Inoltre, non era stato svolto alcuno specifico accertamento della situazione socio- politica del Paese di origine sulla base di C.O.I. aggiornate ed attendibili.

Di qui la cassazione con rinvio della decisione impugnata, che ha condotto ad affermare i seguenti principi di diritto:
    a. “in tema di valutazione delle prove ed in particolare di quelle documentali, il giudice del merito è tenuto a dare conto, in modo comprensibile e coerente rispetto a tutte le evidenze documentali di carattere decisivo, del percorso logico compiuto al fine di accogliere o rigettare la domanda proposta, dovendosi ritenere viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva o riferita solo complessivamente alle produzioni in atti;
    b. Secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione di integrazione raggiunta nel paese di accoglienza che, tuttavia, non deve essere isolatamente ed astrattamente considerato; peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione che il giudice di merito deve acquisire;
    c. Il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tal ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di violazione di legge;
    d. Il riferimento alle fonti ufficiali aggiornate, attendibili e specifiche rispetto alla situazione individuale dedotta configura un dovere del giudice che giammai potrà determinare una inversione, a carico del richiedente, dell’onere postulato dal D.Lgs. n. 251 del 2007 e dal D.Lgs n.25 del 2008, art.8, comma 3.”

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