Interpretazione del testamento e principio di conservazione del contratto

02 SETTEMBRE 2020 | Legittimari | Successioni e donazioni

Con sentenza n. 16079/20, depositata il 28.7.2020, la Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, ha pronunciato un’interessante sentenza in materia di interpretazione della volontà testamentaria.

IL CASO. L’Arcidiocesi di … conveniva in giudizio, avanti al Tribunale di Busto Arsizio, Tizia per ottenere la sua condanna al pagamento della somma di Euro 368.542,00, in ragione di un legato che l’attrice riteneva essere stato disposto in suo favore, nel testamento di Caia, con una disposizione che faceva riferimento alla “costruzione di nuove chiese della Diocesi di ...”.
Il Tribunale in primo grado rigettava la domanda e la Corte d’appello confermava integralmente la decisione del Tribunale, rigettando l’appello promosso dall’attrice.
La Corte territoriale osservava che, pur essendo indubbio che la controversa disposizione testamentaria integrava gli estremi di un legato modale, la stessa doveva comunque ritenersi nulla per mancata indicazione ed indeterminatezza del legatario.
In particolare, i Giudici di secondo grado ritenevano che non potesse ravvisarsi il requisito della determinatezza nell’adozione dell’espressione utilizzata dalla testatrice con il mero riferimento dello scopo: “per la costruzione di nuove chiese della Diocesi di ...”, non risultando la designazione del beneficiario a titolo di legato.  Sanciva quindi la nullità della relativa disposizione ai sensi dell’art. 628 c.c..
L’Arcidiocesi proponeva ricorso per cassazione.
Con il primo motivo, la ricorrente denunciava, ai sensi dell’art. 360, comma I, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 628, 1362, 1367 e 1368 c.c..
Secondo la ricorrente, la controversa disposizione testamentaria avrebbe dovuto considerarsi valida sul presupposto che il beneficiario, pur non essendo determinato, era tuttavia determinabile anche sulla scorta di numerosi elementi extratestuali, soggiungendo che i termini ‘Diocesi’ e ‘Arcidiocesi’ sono utilizzati comunemente ed indifferentemente come sinonimi per indicare anche l’ente ecclesiastico Diocesi.
Aggiungeva la ricorrente che la Corte territoriale aveva interpretato la previsione del legato facendo riferimento ad una interpretazione basata sulle norme di diritto canonico, di cui verosimilmente la testatrice nemmeno conosceva l’esistenza, anziché interpretare la volontà della testatrice stessa sulla base del significato proprio dell’ambiente parrocchiale che le era familiare, in quanto frequentato dalla defunta. Facendo corretta applicazione dei criteri di interpretazione del testamento, era chiaro che l’espressione del legato si riferiva in modo univoco all’iniziativa diocesana avente ad oggetto la raccolta dei fondi da destinare all’edificazione di nuove chiese.

LA SENTENZA. La Cassazione accoglieva il motivo di ricorso, ritenendo che la Corte d’appello era incorsa nella denunciata violazione dei criteri ermeneutici indicati con il primo motivo, individuando in particolare la violazione degli artt. 1367 e 1368 c.c..
Secondo gli Ermellini,

la Corte avrebbe dovuto valorizzare la preferenza del legislatore per l’applicazione del principio di conservazione del contratto, estendibile pacificamente anche ai negozi testamentari, ed avrebbe dovuto quindi basare la propria decisione anche sugli elementi estrinseci al testamento al fine di ricavare la concreta volontà della testatrice.

Secondo la Suprema Corte, la Corte ambrosiana avrebbe dovuto privilegiare un approccio ermeneutico di tipo conservativo della specifica clausola alla stregua della sostanziale assimilazione tra i termini di Diocesi e Arcidiocesi e dalla inequivoca riferibilità del termine “nuove chiese” alla Diocesi di ....
E’ infatti risaputo che l’interpretazione del testamento è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più intensa ricerca ed efficacia della volontà concreta e da un più frequente ricorso all’integrazione con elementi estrinseci di modo che l’identificazione della persona beneficiata dalla disposizione testamentaria, fatta del testatore in modo impreciso o non del tutto univoco, non rende nulla la disposizione quando, dal contesto del testamento o altrimenti, sia possibile determinare, in modo serio e senza possibilità di equivoci, il soggetto che il testatore ha voluto beneficiare.
La Corte territoriale aveva, invece, perso di vista la necessità di conferire, per quanto possibile, un significato concreto all’espressione utilizzata dalla testatrice, calandola nella realtà da essa vissuta, in quanto abituale frequentatrice degli ambienti parrocchiali, e tenendo conto della finalità che costei intendeva perseguire dopo la sua morte, che era quella di devolvere la somma indicata all’iniziativa diocesana destinata alla raccolta di fondi per l’edificazione di nuove chiese.


In proposito rilevava, invero, l’assunto per cui l’interpretazione del testamento è caratterizzata, rispetto a quella del contratto, da una più penetrante ricerca della volontà del testatore, anche alla stregua - nei casi dubbi - di elementi estrinseci al testamento come la cultura, la mentalità e l’ambiente di vita del testatore, con la possibilità che il Giudice del merito possa attribuire alle parole usate dal testatore un significato non del tutto coincidente con quello tecnico letterale.

La Suprema Corte accoglieva quindi il ricorso, cassava la sentenza impugnata ed rinviava ad altra sezione della Corte d’appello. 

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