Licenziamento del lavoratore fragile per superamento del comporto e discriminazione indiretta

01 GIUGNO 2023 | Persone e processo

di avv. Barbara Carnio

Nel 2017 il Tribunale di Milano aveva dichiarato la nullità di un licenziamento intimato ad un lavoratore (con mansioni di spazzino stradale o spazzino porta pacchi) disabile ai sensi dell’art. 3, comma 1 L. 104/1992, con capacità lavorativa ridotta del 75% e inidoneo, secondo gli accertamenti sanitari, a svolgere mansioni diverse.

Il lavoratore si era assentato per 375 giorni nell’arco di 1095 giorni e, quindi, il datore di lavoro aveva irrogato il licenziamento applicando l’art. 42 lett. b CCNL Ferderambiente per il quale “nel caso di assenza dal servizio dovuta ad infermità per malattia o infortunio non sul lavoro debitamente certificata, il lavoratore non in prova ha diritto alla conservazione del posto per un periodo complessivo di 365 giorni di calendario”. Per il secondo comma “il periodo di conservazione del posto di cui al precedente comma si intende riferito al cumulo delle assenze verificatesi durante l’arco temporale di 1.095 giorni precedenti ogni nuovo ultimo episodio morboso”.

Il Tribunale meneghino aveva ritenuto tale licenziamento illegittimo perché discriminatorio: per il giudice doveva presumersi che le assenze per malattia fossero riconducibili alla condizione di fragilità del lavoratore per l’assegnazione a mansioni incompatibili con il suo stato di salute.

La decisione veniva confermata l’anno successivo dalla Corte D’Appello che riteneva sussistente una discriminazione di natura indiretta (che ricorre quando una disposizione, un criterio o una procedura sono apparentemente neutri, ma di fatto sfavoriscono un determinato gruppo di persone) perché il datore di lavoro aveva applicato il precitato art. 42 lett. b CCNL Ferderambiente senza, però, distinguere le assenze per malattia da quelle per patologie correlate alla disabilità, e ciò in contrasto con i principi espressi dalla giurisprudenza europea.

Il datore di lavoro proponeva ricorso in Cassazione, rigettato con la Sentenza n. 9095 del 31.03.2023. La decisione rammenta, anzitutto, che la tutela contro la discriminazione sulla base della disabilità si fonda:

- sulla direttiva 2000/78/CE (recepita nell’ordinamento italiano) che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro;

- sugli articoli 21 e 26 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (Carta di Nizza) che sanciscono il divieto generale di discriminazione e riconoscono il diritto delle persone fragili a beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità;

- sulla Convenzione ONU sui diritti della persona con disabilità ratificata dall’Italia con L.n. 18/2009.

E richiama la giurisprudenza europea per la quale un lavoratore fragile “corre un rischio maggiore di accumulare giorni di assenza per malattia” perché è esposto al rischio ulteriore di una malattia collegata alla sua condizione di fragilità (CGUE 11 aprile 2012 in cause riunite C-335/11 e C337/11, HK Danmark).

Per la CGUE “la definizione di discriminazione indiretta contenuta nella direttiva UE osta a una normativa nazionale che consenta il licenziamento di un lavoratore in ragione di assenze intermittenti dal lavoro giustificate e dovute a malattie imputabili alla disabilità di cui soffre il lavoratore, salva verifica di quanto necessario per raggiungere l’obiettivo legittimo di lotta contro l’assenteismo”. Gli stati membri nell’adottare le misure di politica occupazionale devono quindi tener conto “nella valutazione della proporzionalità dei mezzi, il rischio cui sono soggette le persone disabili, le quali in generale, incontrano maggiori difficoltà rispetto ai lavoratori non disabili a reinserirsi nel mercato del lavoro ed hanno esigenze specifiche connesse alla tutela richiesta dalla loro condizione” (C-270/16, Carlos Enrique Ruiz Conejero contro Ferroser Servicios Auxiliares SA e Ministerio Fiscal.).

Proprio alla luce di tale giurisprudenza, la Cassazione con la pronuncia in commento condivide la posizione dalla Corte d’Appello di Milano, per cui applicare al lavoratore fragile l’ordinario periodo di comporto ha integrato una discriminazione indiretta.

Più in generale, secondo la normativa dell’Unione Europea, come interpretata dalla Corte di Giustizia UE, una legge che fissi identici limiti massimi di malattia per tutti i lavoratori anche se in condizione di disabilità rischia di svantaggiare i primi comportando, quindi, una “disparità di trattamento indirettamente basata sulla disabilità”. Per evitare una condotta datoriale indirettamente discriminatoria e, quindi, vietata, va necessariamente considerato il rischio aggiuntivo di un lavoratore fragile di doversi assentare più spesso dal lavoro per malattia.

La Cassazione precisa che questo non esclude che non possa (o non debba) essere previsto un limite massimo in termini di giorni di assenza per malattia anche per i lavoratori fragili: legittima quindi anche in questo caso una eventuale disposizione volta a combattere l’assenteismo per eccessiva morbilità.

Tale finalità di politica occupazionale deve, però, “essere attuata con mezzi appropriati e necessari, e quindi proporzionati, mentre la mancata considerazione dei rischi di maggiore morbilità dei lavoratori disabili, proprio in conseguenza della disabilità, trasmuta il criterio apparentemente neutro del computo del periodo di comporto breve in una prassi discriminatoria nei confronti del particolare gruppo sociale protetto in quanto in posizione di particolare svantaggio”.

Va, quindi, applicato il “principio dell’individuazione di soluzioni ragionevoli per assicurare il principio di parità di trattamento di disabili” per bilanciare “la necessaria considerazione dell’interesse protetto dei lavoratori disabili” con la “legittima finalità di politica occupazionale”.

Per la Corte tale prospettiva non risulta percorsa nel caso giunto alla sua attenzione e, per, questo ha rigettato il ricorso proposto dal datore di lavoro.

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