L’affido “apparente” ai Servizi Sociali e le conseguenze di ordine processuale

di Avv. Monica Mocellin

Con decreto del 3 giugno 2021 il Tribunale di Milano, nell’ambito di un giudizio per la modifica delle condizioni di divorzio, disponeva l’affido esclusivo della figlia alla madre, statuendo altresì che i Servizi Sociali del Comune di Milano monitorassero e regolassero i contatti tra il padre e la minore, oltre a fornire alla stessa sostegno educativo e psicologico.

Il decreto veniva reclamato dal padre presso la Corte d’Appello di Milano, che tuttavia confermava il provvedimento ritenendolo, in base alle relazioni dei Servizi Sociali, adeguato al perseguimento del miglior interesse del minore.

La questione giungeva alla Suprema Corte a seguito del ricorso promosso dal padre soccombente nei primi due gradi di giudizio, il quale adduceva come motivi l’omesso esame di fatto decisivo (una relazione dei Servizi sociali che a suo dire dimostrava la non perdurante necessità del regime di affido super-esclusivo alla madre) e, più in generale, la motivazione perplessa e apparente.

La Suprema Corte, con ordinanza n. 33193 del 29 novembre 2023, ha rigettato il ricorso ma ha colto l’occasione per fare il punto e ribadire principi, in parte, già espressi in precedenza.

Gli Ermellini, infatti, affrontano un tema delicato, e particolarmente insidioso sotto vari profili, relativo ai provvedimenti che coinvolgono i Servizi Sociali nella vita del nucleo familiare, ovvero l’affidamento dei minori ai Servizi Sociali.

La Corte ricorda un proprio recentissimo precedente (Cass. civ. ordinanza n. 32290/2023) nel quale già era stato evidenziato come la tendenza all’uso promiscuo del termine “affidamento ai Servizi Sociali” non deve trarre in inganno circa la reale portata del provvedimento, essendo necessaria una verifica più attenta del singolo caso concreto.

Infatti, solo nel caso in cui sia disposto l’affido ai Servizi Sociali contemporaneamente a una riduzione o ablazione della responsabilità genitoriale si tratterà di affidamento in senso tecnico; qualora invece l’affido ai Servizi Sociali costituisca solamente un “plus” per la tutela del minore, ovvero un supporto ai genitori, senza che ciò comprima i diritti e doveri dei genitori, senza che vi sia cioè nemmeno un affievolimento della responsabilità genitoriale, si dovrebbe piuttosto parlare di “mandato di vigilanza e di supporto”.

Questa distinzione diviene fondamentale per rispondere alla domanda sottesa al secondo tema affrontato dai giudici di legittimità: quando è possibile impugnare, anche con ricorso straordinario in Cassazione, i provvedimenti che attengono all’affidamento e al mantenimento dei minori, e anche quelli  provvisori e urgenti?

Nel caso di “affidamento ai Servizi Sociali” in senso tecnico il ricorso straordinario in Cassazione sarà in ogni caso possibile anche per i provvedimenti provvisori atteso che, come esposto, con questa decisione viene attuata una compressione della responsabilità genitoriale che rende di per sé il provvedimento attinente alla materia dell’affidamento del minore e comporta una compressione di un diritto soggettivo, il diritto alla vita familiare.

Sul punto la Suprema Corte si è espressa ormai in modo definitivo a Sezioni Unite con sentenza n. 22423 del25 luglio 2023.

Nel caso in cui, invece, l’affido si configuri come un mero mandato di vigilanza e supporto, dove l’ingerenza dei Servizi Sociali si limita a determinare le modalità di visita del minore, all’esito dell’appello o del reclamo il ricorso in Cassazione avverso questi provvedimenti sarà possibile solo “nella misura in cui il diniego si risolve nella negazione della tutela giurisdizionale a un diritto fondamentale, quello alla vita familiare che, sancito dall’art.8 CEDU, è leso da quelle statuizioni che, adottate in materia di frequentazione e visita del minore, risultino a tal punto limitative ed in contrasto con il tipo di affidamento scelto da violare il diritto alla bigenitorialità”.

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