Covid-19 e la tutela della salute delle persone con disabilità inserite in strutture protette

09 APRILE 2020 | Numero Speciale COVID-19

Il Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale è in questo periodo in collaborazione continua con l’ISS (Istituto Superiore della Sanità) per la raccolta e la valutazione dei dati provenienti dalle RSA sulla situazione di contagio da Covid – 19 e sulle misure di prevenzione e protezione adottate.

Nelle RSA (residenze sanitarie assistite) le persone con disabilità gravi o con gravi patologie neurologiche o anziane vivono a stretto contatto sia tra loro che con il personale di assistenza e sanitario, e per loro, quindi, i rischi inerenti all’emergenza sanitaria Covid-19 sono particolarmente gravi. I dati sinora raccolti dimostrano, infatti, come nelle persone anziane o con altre pregresse patologie vi sia maggior rischio di un esito letale della malattia.

Dal 24 marzo 2020 l’ISS insieme al Garante ha, quindi, strutturato una raccolta sistematica di dati dalle RSA. Presso il Garante, infatti, è già presente il GNPL National Register, la banca dati nazionale per la geolocalizzazione delle strutture socio sanitarie assistenziali presenti nel nostro paese (in tutto 4629). 

Va detto che il Garante Nazionale ha recentemente assunto anche i compiti di verifica e controllo previsti dalla legge 3 marzo 2009, n. 18 (legge di ratifica della Convenzione ONU sui diritti delle persona con disabilità) presso le strutture psichiatriche e le ed altre strutture residenziali per persone con disabilità.

L’art. 33 della richiamata Convenzione ONU impone, infatti, agli Stati aderenti l’obbligo di monitorare l’applicazione dei principi e dei diritti sanciti nella Convenzione stessa, tra cui la tutela della dignità, libertà e sicurezza delle persone con disabilità (art. 14 comma primo lett.b), nonché il divieto inderogabile di tortura o trattamenti inumani o degradanti (art. 15).

Il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (istituito dalla stessa Convenzione con compiti di monitoraggio e interpretazione applicativa dei suoi principi) aveva indicato già nel 2016 la necessità che nel “Meccanismo nazionale di Prevenzione” (Npm) fossero incluse anche le visite alle istituzioni psichiatriche e alle strutture residenziali per persone con disabilità, “specialmente quelle con disabilità intellettive o psico-sociali”.

In Italia questo “Meccanismo Nazionale di Prevenzione” è stato individuato nel “Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale”, già titolare delle funzioni di prevenzione di cui al Protocollo opzionale alla Convenzione ONU sulla tortura, pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (Opcat).

La somma di queste funzioni in un’unica Autorità di garanzia permette di unificare tutti i poteri di verifica (trasversali alle varie fonti nazionali e sovranazionali) e consente al Garante di accertare e valutare (art. 14 comma primo protocollo Opcat) se nelle strutture che accolgono persone con disabilità vi siano trattamenti inumani o degradanti. Per strutture si intendono anche gli ospedali privati, le case di accoglienza, le case famiglia per minori, le strutture socio sanitarie in generale.

Il fine è quello dell’effettività dei controlli, in tutte le strutture in cui la libertà fisica della persona sia limitata, non necessariamente in applicazione di un provvedimento statale di coercizione, ma anche solo di fatto, come conseguenza delle condizioni ambientali e dei trattamenti sanitari. Si tratta di vincoli leciti quanto al “titolo”, ma di cui vanno accertate le concrete condizioni di attuazione.

In tali contesti, infatti, possono prodursi condizioni degradanti della persona umana, come conseguenza  dell’assoggettamento al potere altrui (anche a fini sanitari), ed è l’esercizio di questo potere che deve essere oggetto di stretto controllo.

Il Garante, quindi, oggi può procedere d’ufficio alle verifiche delle condizioni di vita delle persone ricoverate in strutture socio sanitarie o assistenziali che vivano l’esperienza del disturbo mentale o comunque con deficit cognitivo e, in generale, con disabilità che ne amplifichino la fragilità e ne limitino la capacità di autodeterminazione.

 

Cristina Arata, Avvocato in Castelfranco Veneto 

Ok
Questo website usa solamente cookies tecnici per il suo funzionamento. Maggiori dettagli