Covid-19 ed esercizio della libertà religiosa e di culto

09 APRILE 2020 | Numero Speciale COVID-19

In questi mesi si muore soli, con o senza coronavirus, e ciò perché dapprima con degli atti amministrativi ed ora in forza delle restrittive disposizioni normative imposte per cercare di contenere il contagio, è vietato accompagnare i propri cari al pronto soccorso o in reparto e men che mai assisterli durante la malattia; tale divieto è esteso anche agli assistenti spirituali.

Ed ancor più, almeno fino al 13 aprile, si viene sepolti da soli: le cerimonie funebri, anche se non proprio vietate, si svolgono direttamente al cimitero e con pochissime persone.

Niente accompagnamento nel fine vita, né nella malattia, né nelle ultime ore, né alcun rito funebre: senza eccezioni per nessuna confessione religiosa.

La limitazione alla libertà religiosa e di culto ha avuto un inizio in sordina con delle disposizioni che vietavano gli assembramenti, poi che vietavano manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura infine con la previsione (d.l. n.19/2020 art. 1 lett. f.g.h.) della sospensione delle cerimonie civili e religiose e con l’imposizione di limitazioni dell’ingresso nei luoghi destinati al culto. Provvedimenti confusi che dapprima sembravano aver chiuso chiese e ogni altro luogo di culto; provvedimenti governativi e regionali, un coacervo di disposizioni che ora, a seguito di una nota del Ministero degli Interni, sembrano doversi interpretare nel senso che i luoghi di culto siano aperti: il Ministro di culto è autorizzato ad essere presente, mentre i fedeli possono accedere solo se la chiesa o il luogo di culto, sia nel percorso per andare al lavoro o a fare la spesa.

Quindi niente messe con pubblico, niente officiature nelle sinagoghe e nelle moschee: in concreto le distanze sociali, le barriere fisiche rendono impossibile la pratica collettiva del culto. E le autorità di tutte le confessioni religiose, sia quelle con cui lo Stato ha un’intesa sia quelle con le quali non le ha, come l’UCOII, hanno accettato questa normativa e l’hanno osservata, dando disposizioni chiare ai propri fedeli anche per le imminenti festività di Pasqua, di Pesach e del Ramadan. 

L’essere il bene salute definito dalla Costituzione, oltre che diritto fondamentale anche interesse della comunità, spiega il perché esso prevalga sugli altri diritti pur fondamentali e costituzionalmente nominati come quello alla libertà di religione o di culto. 

Più difficile capire il perché di disposizioni così restrittive in tema di accompagnatori spirituali e di riti per la sepoltura.

Qui la normativa si fa ancora più confusa ed è stata lasciata alle singole iniziative ospedaliere o comunali, e comunque risente di un approccio dettato dall’urgenza e dalla paura dell’ignoto.

In particolare, nella nota del Ministero della Salute del 1 aprile, riguardante il settore funebre, cimiteriale e di cremazione si percepisce la necessità di uniformare sul territorio nazionale il comportamento da tenere a seguito del decesso del paziente, dettando delle linee guida finalizzate al contenimento del contagio e valevoli fino ad un mese dopo il termine della fase emergenziale e che vanno applicate anche quando vi sia solo il sospetto che la persona fosse affetta da COVID-19.

Dopo una premessa che farebbe pensare che il paziente deceduto non sia portatore del virus, vengono però dettate delle regole molto rigide sul trattamento del cadavere, che vanno ad incidere fortemente sui diritti di culto in particolare per ebrei e musulmani con riferimento al lavaggio rituale che, se pur non vietato esplicitamente, sembra impossibile da effettuarsi, sia per le modalità di morte (in isolamento), sia per la tempestività delle comunicazioni con i parenti.

Sono inoltre vietate le cerimonie funebri e sono dichiarati chiusi i cimiteri.

Il problema della sepoltura, sia in reazione ai tempi per ottenere l’autorizzazione, sia per il gran numero di decessi, in alcune zone sta esplodendo e al momento non è prevista la cremazione “d’ufficio” nella normativa speciale di polizia mortuaria e difficilmente si potrà, senza una grave compromissione di diritti inalienabili, ovviare alla domanda di cremazione o alla manifestazione di volontà dell’avente diritto.

Da un rapido excursus nella legislazione dell’emergenza di paesi a noi vicini, quali la Spagna e la Francia possiamo evidenziare che anche la Spagna ha preso delle linee rigide come l’Italia, mentre il Ministero della salute francese ha recentemente annullato una precedente circolare che vietava il trattamento del cadavere e i funerali, sottolineando l’importanza “di rispettare le pratiche culturali e sociali diverse in ordine al corpo di una persona deceduta con particolare riguardo al lavaggio rituale del corpo”, autorizzando pertanto il lavaggio rituale a condizione che sia fatto da persone che abbiano delle protezioni adatte e precisando che i funerali sono possibili con il limite delle 20 persone presenti. 

L’aggravarsi e la velocità del contagio negli ultimi giorni hanno indotto la Francia, dove il problema è più sentito per il numero di musulmani e di ebrei che ci risiedono, a ritornare sui suoi passi e vietare categoricamente qualunque contatto con il cadavere e quindi vietare i lavaggi rituali e qualsiasi vicinanza dei familiari.

In Israele, è notizia di questi giorni, per la prima volta non solo nella storia di Israele ma della storia trimillenaria del popolo ebraico, è vietato uscire di casa dalle 19 di mercoledì 8 alle otto della mattina dopo, per evitare che le persone partecipino alle cene del Seder presso parenti o amici.

 

Barbara Bottecchia, Avvocato in Venezia


 

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