Figlio maggiorenne adottato dal nuovo marito della madre: quale incidenza nell’obbligo di mantenimento del padre?

Con la sentenza n. 7555/2020, la Cassazione civile ha stabilito il principio per cui l’adozione dei figli maggiorenni effettuata dal nuovo marito della madre, accompagnata dal loro stabile inserimento nel nuovo contesto familiare, è circostanza fattuale rilevante, da valutarsi ai fini della modificazione dell’entità del mantenimento paterno, nell’ambito del giudizio di revisione delle condizioni stabilite in sede divorzile, qualora risulti che l’adottante provveda continuativamente alle necessità quotidiane degli adottati.

Il Tribunale di Spoleto aveva accolto la domanda con la quale un padre chiedeva la modifica delle condizioni stabilite con accordo omologato successivamente alla sentenza di divorzio, ed in particolare la riduzione o eliminazione dell’assegno di mantenimento a favore delle due figlie, ormai maggiorenni, ma non ancora economicamente autosufficienti, adducendo come fatti sopravvenuti il nuovo matrimonio dell’ex moglie e l’adozione da parte del marito delle due figlie. Il giudice di primo grado aveva considerato rilevante il fatto che il nuovo marito della donna e padre adottivo delle giovani avesse provveduto con continuità ed integralmente al mantenimento delle due figlie adottive.

La Corte d’appello di Perugia, di avviso opposto, aveva accolto il reclamo della madre e rideterminato in un maggior importo l’assegno a favore delle due figlie, assumendo in particolare che l’intervenuta adozione non aveva eliminato l’obbligo contributivo del padre, né inciso sulle condizioni economiche delle figlie nei rapporti con il padre.

Il padre aveva quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a quattro motivi.

La Corte di cassazione ha parzialmente accolto il ricorso, ben precisando però i limiti nei quali la domanda del ricorrente avrebbe potuto trovare accoglimento da parte del giudice del rinvio.

In primo luogo la Corte ha ricordato che l’obbligo del genitore al mantenimento del figlio permane, anche in caso di adozione, ben oltre il raggiungimento della maggiore età dello stesso e cessa solo quando quest’ultimo ”abbia iniziato ad espletare un’attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di una adeguata capacità”.   

La Corte secondo un già noto orientamento interpretativo in merito all’istituto dell’adozione previsto dall’art. 291 c.c., ha ribadito l’esigenza di “privilegiare l’aspirazione alla formazione di nuclei familiari stabili” e quindi “l’esigenza di assicurare una piena legittimazione, sul piano giuridico ad una realtà già in atto sul piano dei sentimenti e delle relazioni personali”, non tanto per far sorgere obblighi giuridici tra adottante ed adottato al di fuori della disciplina  codicistica, ma quantomeno “al più limitato scopo di attribuire rilevanza alla situazione fattuale da essa determinata come circostanza valutabile laddove il genitore dell’adottato, già tenuto al mantenimento, chieda procedersi alla revisione del relativo contributo”.

Muovendo da queste premesse, la Corte ha quindi concluso che

“laddove l’adottato maggiorenne si trovi stabilmente inserito, di fatto, nel contesto familiare creatosi per effetto del matrimonio contratto dalla madre con l’adottante, il quale, benché a tanto non obbligato giuridicamente, comunque provveda continuativamente e non occasionalmente anche alle sue esigenze e necessità quotidiane, si è in presenza di una circostanza fattuale che, ove sopravvenuta rispetto agli accordi già esistenti fra i suoi genitori circa il suo mantenimento, non può essere sottratta all’esame del giudice eventualmente adito da uno di essi con domanda di revisione delle condizioni di quel mantenimento”.

Gli ermellini concludono precisando quindi che “l’attuale entità del mantenimento dovuto dal padre, ben potrebbe essere variata per effetto dell’apporto economico comunque fornito anche dall’adottante alle necessità ed ai bisogni dell’adottato”.


 

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