Il riconoscimento giudiziale può essere negato solo in caso di comprovato, gravissimo danno per il figlio

IL CASO. Il Signor X ricorreva, ex art. 250 c.c., al Tribunale di Bologna, per ottenere il riconoscimento della figlia nata fuori del matrimonio ed i conseguenti provvedimenti.
Si costituiva in giudizio la madre, nulla opponendo al richiesto riconoscimento, addebitando tuttavia al ricorrente un disinteresse verso la minore, nonché la mancata contribuzione al suo mantenimento.
Le parti, nel corso del giudizio, raggiungevano un accordo e pertanto la causa veniva rimessa al Collegio su conclusioni congiunte.

LA DECISIONE. Con sentenza n. 751/2018, il Tribunale di Bologna ha colto l’occasione per affermare che

l’interesse del minore al riconoscimento vada escluso soltanto “in casi di grave pregiudizio per il minore, ovvero nel caso in cui per il minore si configuri il concreto pericolo di un danno gravissimo per il suo sviluppo psico-fisico, correlato alla pura e semplice attribuzione della genitorialità”.


In altre parole, il diritto al riconoscimento del genitore non può essere sacrificato dinnanzi ad una mera mancanza di vantaggio per il minore al riconoscimento stesso, realizzandosi altrimenti una disparità di trattamento tra i genitori a seconda del momento in cui procedono al riconoscimento del figlio.
Nel caso di specie, i giudici bolognesi, non essendosi la madre opposta al riconoscimento e non risultando circostanze documentate idonee a ritenere sussistente un gravissimo pregiudizio per la minore, hanno ritenuto non sussistessero elementi ostativi al diritto di riconoscimento paterno.
Nell’affrontare i profili procedurali del riconoscimento ex art. 250 c.c., la pronuncia in esame, pur dando atto dell’esistenza di orientamenti giurisprudenziali diversi, ha ritenuto di aderire alla tesi per la quale la sentenza ex art. 250 c.c. ha natura pienamente sostitutiva del riconoscimento.  


Infatti, “il riconoscimento paterno è insito nello stesso esercizio dell’azione giudiziale ex art. 250 c.c.”, con la conseguenza che “la formale dichiarazione fatta dalla parte dinanzi al giudice non può non avere (…) effetto costitutivo del riconoscimento stesso”, e non necessita dunque di ripetizione dinnanzi ad altro pubblico ufficiale (in senso conforme Trib. Roma 14.10.2016; Trib. Roma 26.5.2017; Trib. Prato 26.7.2017), provocando anzi l’immediata annotazione nell’atto di nascita del nominativo del genitore che procede al riconoscimento.


Il Tribunale di Bologna ha, altresì, soggiunto, richiamando il Tribunale di Roma 14.10.2016, che “solo così ragionando si è in grado di scongiurare le problematiche, che potrebbero verificarsi allorchè il genitore, pur autorizzato al riconoscimento ex art. 250 c.c. non potesse poi procedere a detto incombente, anche per cause dallo stesso indipendenti”.

 

 

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