La Cassazione ribadisce l’imprescindibilità dell’ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano e la conseguente obbligatorietà, per il Giudice, di motivare le ragioni del mancato ascolto

IL CASO. Il Tribunale di Vicenza, adito da una madre con ricorso ex art. 337 bis c.c, in parziale accoglimento disponeva l’affidamento condiviso dei due figli minori, con collocamento prevalente presso la madre e regolamentazione del diritto di visita in favore del padre, nonché a carico di quest’ultimo un contributo al mantenimento di 150 euro per ciascun figlio; veniva altresì accolta l’istanza di iscrizione del figlio più piccolo alla scuola media del comune dell’attuale residenza avanzata dalla madre.

Il padre reclamava tale provvedimento innanzi la Corte d’appello di Venezia, che però confermava il decreto in ogni sua parte, integrandolo con l’espressa autorizzazione alla madre di avvalersi del sostegno dei servizi sociali in favore di entrambi i figli; confermava altresì sia la bontà della scelta scolastica, sia la misura del contributo qualificata come minima e pertanto sostenibile dal padre.   

Ricorreva per Cassazione il padre proponendo quattro motivi di impugnazione: a) omessa audizione del minore in ordine alla scelta della scuola media da parte, senza motivazione alcuna, da parte della Corte territoriale; b) omessa o contraddittoria motivazione sul mancato ascolto in primo grado; c) omessa o insufficiente motivazione della scelta della scuola media da parte della Corte, che si è limitata a richiamare il provvedimento di primo grado; d) omessa o insufficiente motivazione anche in ordine alla richiesta di riduzione del contributo da parte del padre.

LA DECISIONE. La Corte, dopo aver ribadito che il decreto pronunciato dalla Corte d’Appello in sede di reclamo avverso i provvedimenti camerali del Tribunale in materia di famiglia ha carattere decisorio e definitivo ed è pertanto ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost, in accoglimento dei primi tre motivi del ricorso, ha cassato il decreto impugnato e rinviato alla Corte Veneziana in diversa composizione.

La Corte, infatti, nell’esaminare i primi tre motivi congiuntamente per la loro connessione, li ha ritenuti fondati, richiamandosi in toto al proprio consolidato orientamento dopo la pronuncia resa a Sezione Unite nel 2014 .

Nella fattispecie in esame, infatti, nella motivazione del decreto impugnato, non vi era alcun riferimento né all’ascolto diretto, né a quello indiretto, né erano state esplicitate le ragioni che avevano indotto i magistrati a non procedere all’ascolto del minore. Nè alcuna motivazione risultava adottata in merito alle ragioni della scelta della scuola.

Pertanto la Corte, intendendo dare continuità al proprio orientamento (Cass.civ.n.12957/2018) secondo il quale

il giudice deve motivare le ragioni per cui ritiene il minore infra-dodicenne incapace di discernimento, se decide di non disporne l’ascolto, così come deve motivare perché ritiene l’ascolto effettuato nel corso delle indagini peritali idoneo a sostituire un ascolto diretto ovvero un ascolto demandato ad un esperto al di fuori del contesto relativo allo svolgimento di un incarico peritale. Tale motivazione appare, in generale, tanto più necessaria quanto più l’età del minore, come nel caso concreto, si approssima a quella dei dodici anni, oltre la quale subentra l’obbligo legale dell’ascolto.

E’ vero inoltre che il giudice non è tenuto a recepire, nei suoi provvedimenti, le dichiarazioni di volontà che emergono dall’ascolto del minore, così come non è tenuto a recepire le conclusioni dell’indagine peritale. Tuttavia qualora il giudice intenda disattendere tali dichiarazioni e tali conclusioni ha l’obbligo di motivare la sua decisione con particolare rigore e pertinenza”, cosa che la Corte veneziana non aveva fatto.

In conseguenza la Suprema Corte ha cassato il decreto impugnato con rinvio.

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