Indennità di accompagnamento del de cuius: è necessaria la reiterazione della domanda in sede amministrativa da parte degli eredi?

IL CASO. Con sentenza n. 904/2015, la Corte d’appello di Napoli, aderendo alla decisione assunta sul punto dal giudice di prime cure, dichiarava improponibile la domanda degli eredi di D.C. volta ad ottenere l’indennità di accompagnamento già richiesta in vita dalla de cuius, ma rispetto alla quale non si era, tuttavia, riusciti ad effettuare in tempo l’accertamento sanitario sulla persona dell’istante. 
A fondamento della pronuncia, la Corte evidenziava come l’art. 1, comma 8, D.P.R. 698/1994 – che consente alle commissioni mediche di procedere, in caso di decesso del richiedente dopo la proposizione della domanda di indennità, ma prima della relativa visita medica e a fronte di “formale istanza degli eredi”, all'accertamento sanitario esclusivamente sulla base di documentazione medica rilasciata da strutture pubbliche o convenzionate - debba essere interpretato nel senso di imporre agli eredi la proposizione di una nuova e distinta domanda in sede amministrativa, in mancanza della quale la loro domanda giudiziale volta ad ottenere i ratei di pensione di indennità maturati dal dante causa sino alla data del decesso deve ritenersi improponibile. 
La decisione veniva impugnata per Cassazione con un unico motivo, con il quale si lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 8, D.P.R. 698/1994. 
LA DECISIONE. Con ordinanza n. 2166 dell’1.2.2021, la Suprema Corte ha disconosciuto l’interpretazione dell’art. 1, comma 8, D.P.R. 698/1994, fornita dai giudici di prime e seconde cure, accogliendo, per l’effetto, il ricorso e cassando con rinvio la decisione impugnata.
Nell’esaminare la questione, gli ermellini hanno preliminarmente osservato come il riconoscimento agli eredi dell’indennità di accompagnamento, già richiesta in vita dal de cuius, debba seguire due procedimenti differenti a seconda del fatto che, prima del decesso, si sia o meno provveduto all’accertamento dell’effettivo stato di inabilità.
Mentre nel primo caso, infatti, la domanda degli eredi può trovare accoglimento già in sede amministrativa, nel secondo è necessario procedere all’accertamento dell’invalidità in sede giudiziaria. Ciò non toglie che, in ogni caso, il diritto alle prestazioni assistenziali sorga sulla base della semplice presentazione della domanda amministrativa accompagnata dall’effettiva esistenza dell’inabilità, sicché, a prescindere dal suo accertamento prima del decesso, tale diritto si trasferisce mortis causa agli eredi al pari di tutte le altre posizioni giuridiche del de cuius. 
Tanto premesso, la Suprema Corte ha osservato come l’art. 1, comma 8, del D.P.R. 698/1994 non possa essere interpretato nel senso di introdurre una condizione di proponibilità della domanda giudiziale presentata dagli eredi al fine di ottenere i ratei di indennità maturati dal de cuius sino alla data del decesso, trattandosi, piuttosto, di disposizione volta esclusivamente ad “indicare i criteri delle modalità di accertamento dello stato invalidante di cui soffriva il de cuius in sede amministrativa” e destinata, quindi, esaurire i propri effetti nell’ambito del solo procedimento amministrativo. 
Tale essendo l’ambito – limitato - di efficacia della norma, la stessa non può quindi essere invocata al fine di imporre agli eredi un obbligo di reiterare la domanda amministrativa già proposta dal de cuius prima della morte, in quanto, trattandosi di un

diritto di natura successoria, seppur derivante dal diritto di natura assistenziale spettante al de cuius, è esclusivamente con riferimento alla domanda amministrativa proposta da quest’ultimo ed allo svolgimento del relativo procedimento amministrativo che dovrà essere valutata l’esistenza delle condizioni di proponibilità di tale tipo di domanda relativa al riconoscimento di diritto a prestazione assistenziale”.

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