Esibizione in giudizio di documentazione bancaria e acquisizione da parte del CTU precluse se la parte non ne abbia fatta preventiva richiesta alla banca

29 SETTEMBRE 2021 | Varie

In occasione di una vicenda avente ad oggetto la contestazione della nullità di una clausola contrattuale di determinazione degli interessi passivi, stabilita all’interno di un contratto di conto corrente bancario, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 24641/21, ha avuto modo di chiarire che il diritto sancito dall’art. 119, quarto comma, del D. Lgs. n. 385/1993 (recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) di ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ivi compresi gli estratti conto, può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l’istanza di cui all’art. 210 c.p.c. solamente a condizione che detta documentazione sia stata antecedentemente richiesta alla banca, e quest’ultima, senza giustificazione alcuna, non vi abbia ottemperato. La stessa documentazione non può essere acquisita neppure in sede di consulenza tecnica d’ufficio, ove essa abbia ad oggetto fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse.

IL CASO. Con atto di citazione Tizio conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Catania, la Banca Alfa per chiedere che venisse dichiarata la nullità della clausola di determinazione degli interessi passivi maturati sul conto corrente intrattenuto con la società convenuta, con conseguente risoluzione del contratto per colpa e inadempimento della banca. Chiedeva altresì che venisse accertato che il TAEG applicato nel contratto bancario in oggetto superava il tasso soglia e che venisse dichiarata la nullità della clausola, nel contratto de quo, che prevedeva la liquidazione trimestrale degli interessi a debito e l’anatocismo. Per l’effetto chiedeva di condannare la società convenuta alla restituzione di quante somme corrisposte a tale titolo di interessi passivi (…) nonché quante somme corrisposte quali spese, commissioni provvigioni e/o qualunque altra voce. Chiedeva infine di condannare la banca a corrispondere all’attore l’equivalente della differenza tra interessi passivi da corrispondere e interessi passivi in effetti corrisposti, nonché il risarcimento danni conseguito per la vendita dell’albergo ad un prezzo inferiore a quello di mercato per far fronte al debito maturato nei confronti della banca sulla base della suddetta clausola negoziale nulla.

Il Tribunale di Catania accoglieva la domanda, ritenendo affetto da nullità parziale il contratto di conto corrente.

 

LA SENTENZA DELLA CORTE D’APPELLO. Impugnata la sentenza di primo grado, la Corte d’appello di Catania, al contrario, rigettava integralmente l’originaria domanda attorea.

Il ragionamento della Corte di merito si è basato su cinque motivi.

In primo luogo, secondo la Corte d’appello, non poteva tenersi conto dei risultati contabili acquisiti tramite la consulenza tecnica d’ufficio in ordine alla domanda di ripetizione di indebito azionata da Tizio in quanto le conclusioni del consulente tecnico si erano formate sulla base di documentazione bancaria, relativa al conto corrente, non acquisita legittimamente e tempestivamente al processo, tramite la sua produzione ed allegazione da parte dell’attore, a ciò onerato, nei termini di cui all’art. 183, VI co., c.p.c., ma invece prodotta direttamente all’ausiliare nel corso delle operazioni peritali.

In secondo luogo, la Corte d’appello sosteneva che onerato dell’allegazione e della prova dei fatti costitutivi del diritti di credito, sulla base della domanda di ripetizione dell’indebito, fosse, invece, il titolare del conto corrente, che aveva l’onere di documentare l’andamento del conto medesimo attraverso la produzione in giudizio degli estratti conto, che evidenziassero le singole rimesse suscettibili di ripetizione.

Il terzo motivo si fonda sul rilievo che l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., relativo alla documentazione bancaria, doveva ritenersi inammissibile, avendo ad oggetto documenti direttamente accessibili alla parte istante, ovvero che la parte avrebbe potuto o dovuto acquisire.  

In coerenza, la Corte d’appello affermava che anche la consulenza tecnica non può svolgere funzioni esplorative ovvero suppletive degli oneri della prova incombenti sulle parti del processo.

Infine, col quinto motivo, i giudici di secondo grado ritenevano pertanto inammissibile l’ordine di esibizione, non avendo parte attrice, con la domanda di ripetizione, né allegato che la banca non avesse periodicamente trasmesso gli estratti conto, né dimostrato di averne richiesto la consegna all’istituto di credito, ai sensi dell’art. 119 del Testo Unico Bancario, senza ottenere positivo riscontro.

 

LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE. Avverso la sentenza di secondo grado, Tizio proponeva ricorso per cassazione, respinto dalla Corte di legittimità.

Anzitutto, dall’esame dell’art. 119 TUB, comma 2, laddove stabilisce che “per i rapporti regolati in conto corrente l’estratto conto è inviato al cliente” con una determinata periodicità, risulta evidente che, almeno in caso di svolgimento fisiologico del rapporto, il cliente riceve periodicamente gli estratti conto, i quali, a meno di circostanze avverse (come smarrimento, distruzione et similia), rimangono come tali nella sua disponibilità.

Il quarto comma della stessa norma, laddove prevede che il cliente, o un diverso soggetto a ciò legittimato, ha “diritto di ottenere (…) copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni”, regola una fattispecie del tutto diversa da quella del secondo comma. Assodato che la giurisprudenza oramai non dubita che il comma quarto si riferisca anche agli estratti conto (Cass. Civ. 19.10.1999, n. 11733; Cass. Civ. 27.9.2001, n. 12093; Cass. Civ. 13.7.2007, n. 15669), nel primo caso (art. 119, comma 2, TUB) la banca è tenuta a trasmettere periodicamente gli estratti conto al cliente; nel secondo caso (art. 119, comma 4, TUB) invece, il cliente, o chi per lui, ha il diritto di ottenere copia degli estratti conto che pur la banca gli abbia periodicamente trasmesso.

Bisogna quindi sottolineare che l’obbligazione di consegna periodica degli estratti conto, nell’ambito dei rapporti regolati in conto corrente, ai sensi del secondo comma dell’art. 119, si differenzia dall’obbligazione, sancita dal quarto comma della stessa disposizione, operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni”.

E “la differenza”, prosegue la Corte di legittimità, “è lampante” con la conseguenza che “l’obbligazione di cui al quarto comma sorge sì dal contratto, ma deve essere adempiuta solo se il cliente abbia avanzato la relativa richiesta, sicché, fintanto che la richiesta non sia stata avanzata attraverso l’esercizio della facoltà normativamente contemplata, neppure diviene attuale l’obbligazione in capo alla banca, con l’ulteriore conseguenza che non è pensabile il concretizzarsi di un suo inadempimento, che invece scatta solo ove la richiesta del cliente vi sia stata, e sia spirato inutilmente il termine allo scopo previsto.

La Corte di cassazione prosegue, trattando quali sarebbero le conseguenze a livello di principio dell’onere probatorio per il caso in cui si dovesse ritenere ammissibile la richiesta di un ordine di esibizione o di una CTU in ipotesi di un diritto potestativo mai azionato dall’avente diritto, affermando: “dire che è la banca, su istanza del cliente, a dover produrre su ordine del giudice gli estratti conto che il cliente non abbia né prodotto, né preventivamente richiesto con esito negativo, sta a significare che è la banca a dover offrire, in giudizio, il supporto probatorio della domanda attrice, il che scardina le regole del riparto degli oneri probatori siccome definite dalla fondamentale disposizione dettata dall’art. 2697 c.c.”; “l’istanza rivolta in giudizio alla banca a consegnare gli estratti conto, ai sensi del quarto comma dell’art. 119, si risolve in un’azione di adempimento. Ed un azione di adempimento introdotta quando l’obbligazione non è ancora attuale, non ha evidentemente alcun senso, se non altro avuto riguardo alla sussistenza dell’interesse ad agire, ex articolo 101 c.p.c., che consiste nell’idoneità della pronuncia richiesta ad apportare un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice”.

A ciò si aggiunga inoltre che è principio altrettanto saldo nella giurisprudenza che l’esibizione a norma dell’art. 210 c.p.c. non può in alcun caso supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova a carico della parte istante, sicché grava sulla parte che invoca l’intervento officioso del giudice l’onere di allegare e provare l’esistenza di una situazione eccezionale che legittimi l’utilizzo di tali poteri, ovvero l’impossibilità o particolare difficoltà di assolvere altrimenti all’onere probatorio.

Pertanto, nell’ipotesi prevista dal comma quarto dell’art. 119 TUB, se il cliente, o chi per lui, ha esercitato il diritto di cui al quarto comma dell’art. 119 TUB e la banca non vi ha ottemperato, l’ordine di esibizione può essere impartito dal giudice; “se il cliente, al contrario, non ha effettuato la preventiva richiesta, non vi sono i margini per l’ordine di esibizione di cui all’art. 210 c.p.c.”.

Quanto invece all’utilizzo della consulenza tecnica d’ufficio, la Corte di cassazione fa osservare che “non è consentito al consulente nominato dal giudice di sostituirsi alla parte, andando a ricercare aliunde i dati che devono essere oggetto di riscontro da parte sua, che costituiscono materia di onere di allegazione e di prova e che non gli siano stati forniti in quanto in questo modo il giudice verrebbe impropriamente a supplire al carente espletamento dell’onere probatorio, in violazione sia dell’art. 2697 c.c., che del principio del contraddittorio”.

In conclusione, il cliente, una volta introdotta la causa in veste di attore, può avvalersi dell’art. 119, ultimo comma, ma non può farlo invocando indiscriminatamente l’intervento del giudice, il che stravolgerebbe le regole processuali invece operanti, a meno che la banca non si sia resa inadempiente dell’obbligo che su di essa incombe. Infatti,

solamente in caso di inadempimento della banca dell’obbligazione sancita dal quarto comma dell’art. 119, l’attore potrà formulare in giudizio istanza di esibizione di cui all’art. 210 c.p.c..

Pertanto, alla luce delle motivazioni esposte, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso in quanto l’attore aveva formulato istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. degli estratti conto senza fornire prova della preventiva (ed inevasa) richiesta rivolta alla Banca ex art. 119 TUB.

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